I giornali, come la Juventus, danno brutti dispiaceri a John Elkann. In particolare le brutte notizie arrivano da la Repubblica e La Stampa, le due perle del suo nuovo impero editoriale targato Gedi.
È una valanga. Quasi tutti i quotidiani italiani vanno male, ma Repubblica e Stampa, se possibile vanno peggio. I dati Ads (Accertamento diffusione stampa) sono pesanti. Lo scorso settembre la testata fondata da Eugenio Scalfari ha diffuso appena 157.228 copie, tra cartacee e digitali: meno 14,41% rispetto alle 183.700 dello stesso mese del 2020. Analogo brutto colpo ha subito il quotidiano torinese: 106.308 copie diffuse lo scorso settembre rispetto alle 114.975 di un anno fa: meno 7,54%.
È una doppia brutta notizia per il nipote di Gianni Agnelli perché Il Corriere della Sera, sia pure di poco, guadagna. Il diretto concorrente di Repubblica resta saldamente il primo giornale italiano: 255.119 copie piazzate a settembre rispetto alle 253.888 di un anno fa: più 0,48%. Certo anche Urbano Cairo, l’editore del quotidiano di via Solferino, ha qualche dispiacere: La Gazzetta dello Sport, sempre a settembre 2021, diffonde 108.335 copie: meno 5,76% rispetto a un anno prima.
La crisi dell’informazione italiana si è trasformata in un disastro negli ultimi dieci anni. Anche a settembre i quotidiani perdono tutti copie tranne pochissime eccezioni (Avvenire +1,94%, Il Messaggero +0,71%, LaVerità +9,67% che cresce corteggiando e sottraendo a Libero lettori no vax).
Qualcosa è andato storto. Elkann all’inizio del 2020 aveva delineato «traguardi ambiziosi» subito dopo aver perfezionato l’acquisto dalla famiglia De Benedetti del gruppo Gedi, scosso da ripetuti e gravi deficit. Aveva comprato tutta la galassia editoriale Gedi (‘Repubblica’, ‘Stampa’, ‘Secolo XIX’, ‘L’Espresso’, 13 testate locali, diversi periodici, Radio Deejay, Radio Capital, m2o) dai figli di Carlo De Benedetti, nonostante la dura opposizione del padre (l’Ingegnere aveva preso molto male la cessione dell’impero informativo da lui creato ma poi caduto in profondo rosso). E i giornalisti del maggiore gruppo editoriale italiano avevano tirato un sospiro di sollievo sperando in un rilancio.
Maurizio Molinari, in un editoriale pubblicato il 25 aprile 2020, indicò la strada di potenziare sia la versione cartacea sia quella online di Repubblica. Il nuovo direttore della testata proclamò la necessità di combattere il populismo, le disuguaglianze vecchie e nuove causate dal Coronavirus. Non fu tenero con Giuseppe Conte: sollecitò la nascita «dalle rovine della pandemia di una nuova generazione di leader capaci». Sarà un caso ma dopo pochi mesi Mario Draghi andò a Palazzo Chigi al posto dell’”avvocato del popolo”.
Tuttavia l’agognato rilancio dei giornali targati Elkann non c’è stato. Il gruppo Gedi ha continuato a collezionare pesanti disavanzi, ha continuato a perdere copie (nell’occhio del ciclone c’è sempre Repubblica), ha continuato a tagliare l’occupazione mandando i giornalisti in prepensionamento e in cassa integrazione. Lo smottamento editoriale dell’era De Benedetti è proseguito con John Elkann, presidente di Gedi, di Stellantis, di Exor e di Ferrari.