La festa per i cento anni del Partito Comunista Portoghese si è trasformata nel suo funerale. Una beffa, visto che il grande raduno del 6 marzo a Lisbona per celebrare il centenario doveva svolgersi l’anno scorso, ma era stato rinviato a causa del Covid. Adesso invece a rovinare la festa è stato il “compagno” Putin da cui il PCP non ha saputo prendere le distanze dopo l’invasione dell’Ucraina.
E così il Partito ha perduto la grande occasione per tentare un rilancio dopo le elezioni di gennaio che lo hanno portato al minimo storico dimezzando la sua rappresentanza parlamentare. Il decesso del comunismo portoghese è avvenuto il primo marzo nell’aula del Parlamento europeo chiamato a votare la condanna della guerra di Putin. Alla fine la risoluzione veniva approvata con 637 voti favorevoli, 26 astensioni e soli 13 voti contrari. Tra cui spiccavano quelli dei portoghesi João Pimenta Lopes e Sandra Pereira, i due eurodeputati del PCP.
Domenica 6 aprile sul palco di Campo Pequeno, luogo simbolico, dove a giugno del 1974 si era svolto il primo comizio dopo la rivoluzione del 25 aprile, spiccava il vecchio volto rugoso del “compagno segretario” Jeronimo de Sousa. Il comunista antico che, dopo la valanga di accuse piovutegli addosso, doveva cercare di salvare il salvabile. E così definiva «una vergognosa calunnia» quella dell’appoggio del suo partito all’invasione dell’Ucraina. E subito dopo assicurava che «il PCP non ha nulla a che vedere con il governo russo e con il suo presidente».
Infine le solite accuse a Stati Uniti, Unione Europea e Nato per le «continue aggressioni» che hanno portato alla situazione attuale in Ucraina. Con la platea che, in una coreografia d’altri tempi, sventolava bandiere rosse urlando «Pace sì, guerra no». Mentre il segretario concludeva con voce tonante «Il PCP sta dalla parte della pace, non da quella della guerra…».