Non una, ma dieci, cento, mille di ragazze con cosce più belle, se ne possono suggerire a Damiano David. Ma se le cerchi da solo, si può essere certi che non avrà grandi difficoltà in questo. A lui e Victoria De Angelis, Ethan Torchio, Thomas Raggi si può dire che vanno “fuori di testa, ma diversi da loro”, in modo eccellente; e meno male, e per fortuna.
Lì, sul palco del Coachella Festival sono stati eccellenti. Eccoci serviti, noi che a ogni piè sospinto scodelliamo il nostro impegno e i furori giovanili, per contrapporli all’indifferenza indolente di figli e nipoti, che credono a nulla e nulla fanno e sanno dire. Quel tributo alle vittime della guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina; la citazione di Damiano de “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin.
Il ricordarci che abbiamo il «privilegio di vivere», mentre «bombe cadono su una città», valgono più dei centomila pensosi dibattiti che da mane a sera televisioni pubbliche e private ci propinano. Quel liberatorio «Free Ukraine, Fuck Putin», spazza via senza scampo tutti i “se”, i “ma”. I “però” degli Alessandro Orsini, dei Fulvio Grimaldi, dei Carlo Freccero e degli altri professionisti del «è vero, ma dubito per principio». Quei quattro raffinatissimi sciamannati insegnano qualcosa a più di qualcuno.
Semplice semplice, come noi negli anni Sessanta e Settanta a proposito del Vietnam si scandiva: «Yankee go home», loro dicono «Putin idi domoy». Senza preoccuparsi troppo di “comprendere”, di “capire”, o quant’altro; dalla parte dei massacrati, contro i massacratori, con i torturati, contro i torturatori; degli uccisi, contro gli assassini.
È buffo. Anagraficamente i quattro potrebbero essere “nipoti” di quel Joe Biden, che si lascia scappare sul conto di Putin: «Macellaio», «assassino killer», «For God’s sake, this man cannot remain in power»… Certo, lui è presidente degli Stati Uniti, loro “sono fuori di testa”. Come sia, bello, questo ri/trovarsi di nonno e nipoti, mentre i “padri” cincischiano e balbettano…
Così, ancora una volta, il rifugio nel Buon Vecchio Francesco Guccini, un “nonno” anche lui: “Gasoline”, oggi; molti anni fa la sua “Primavera di Praga”: «…Son come falchi quei carri appostati,/Corron parole sui visi arrossati,/Corre il dolore bruciando ogni strada,/e lancia grida ogni muro di Praga./Quando la piazza fermò la sua vita,/Sudava sangue la folla ferita,/Quando la fiamma col suo fumo nero/Lasciò la terra e si alzò verso il cielo,/Quando ciascuno ebbe tinta la mano,/Quando quel fumo si sparse lontano,/ Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava/All’orizzonte del cielo di Praga… /Dimmi chi sono quegli uomini lenti/ Coi pugni stretti e con l’odio fra i denti,/Dimmi chi sono quegli uomini stanchi/ Di chinar la testa e di tirare avanti…».
C’entra nulla? C’entra, c’entra. Grazie ancora, a quei “fuori di testa” anche per noi, che siamo “dentro”.