È “guerra” sul termovalorizzatore a Roma. Roberto Gualtieri vuole costruire un termovalorizzatore pubblico (probabilmente di proprietà di Acea e Ama) da 600.000 tonnellate annue di rifiuti. L’obiettivo è «abbattere del 90% l’attuale fabbisogno di discariche», di ridurre «del 45% le emissioni», di produrre energia elettrica per «150 mila famiglie».
C’è anche una parte tariffaria molto interessante per i romani: in questo modo calerebbe del 20% la Tari, la tassa della nettezza urbana della città eterna che è una delle più alte in Italia. Il sindaco Pd di Roma ha lasciato tutti a bocca aperta quando a metà aprile ha annunciato il suo progetto ai consiglieri comunali riuniti nell’assemblea del Palazzo Senatorio. Nessuno si aspettava la clamorosa notizia, la inaspettata conversione. Finora nessun sindaco della metropoli (di centro-sinistra, di centro-destra, cinquestelle) aveva osato sfidare il tabù del no al termovalorizzatore per incenerire l’immondizia e ricavarne energia. Lo stesso Gualtieri non aveva mai accennato all’intenzione di costruire un termovalorizzatore a Roma né nella campagna elettorale nella quale aveva battuto la grillina Virginia Raggi né quando si era insediato al Campidoglio.
Subito è scoppiata la “guerra” in nome della difesa dell’ambiente e della salute contro l’inquinamento. I cinquestelle hanno annunciato le barricate. Beppe Grillo ha bocciato l’idea come “insensata”. Il garante del M5S ha respinto tutto il progetto: sarà «un impianto costoso e pericoloso che brucia rifiuti e opportunità di crescita economica». Più o meno la pensano così anche la sinistra di Leu, la Cgil e Legambiente.
Enrico Letta, segretario del Pd, e Nicola Zingaretti, presidente democratico della regione Lazio, invece hanno dato il loro pieno sostegno al disegno di Gualtieri (ma resistenze esistono pure all’interno del loro partito). Disco verde anche dalle altre forze di centro-sinistra. Via libera, con qualche mal di pancia, dal centro-destra all’opposizione nella sala Giulio Cesare.
Gualtieri ha ribattuto e ribatte alle critiche al termovalorizzatore a Roma: non tutti i rifiuti si possono riciclare (come plastica, carta, vetro, legno, metalli, scarti alimentari); le discariche inquinano molto di più; la capitale è sommersa dal pattume maleodorante. Per non aver realizzato un “ciclo dei rifiuti” è costretta ad esportare l’immondizia nelle altre regioni italiane e perfino nelle altre nazioni europee con costi astronomici. L’emergenza rifiuti della metropoli si è aggravata ulteriormente da quando, a giugno, è andato a fuoco l’impianto di trattamento della spazzatura dislocato a Malagrotta.
L’obiettivo del sindaco è costruire un impianto tecnologicamente avanzato entro il Giubileo del 2025 probabilmente nella zona di Santa Palomba. Gualtieri si avvarrebbe dei poteri commissariali avuti con il Giubileo per realizzare l’opera in tempi rapidi: avrebbe il sostegno del governo Draghi e di Zingaretti.
Del resto il termovalorizzatore per i rifiuti manca solo a Roma: in Italia sono 37, in gran parte sono in Lombardia e in Emilia-Romagna ma anche il Lazio ne ha uno a San Vittore (ampiamente utilizzato dal Campidoglio).
Da tempo le nazioni europee hanno scelto la strada dei termovalorizzatori: la Francia ne ha 126, la Germania 96. Anche la Svezia e la Danimarca, paesi molto attenti alle esigenze ambientali, sono dotate di termovalorizzatori. L’impianto di Copenaghen ha sul tetto una pista da sci funzionante con la neve sintetica.
Il sindaco è entusiasta: «È una svolta storica per la città nel segno della sostenibilità». Però, per ora, Gualtieri è fermo agli annunci: non c’è stata nessuna decisione operativa per realizzare il termovalorizzatore a Roma, una scelta che suonerebbe come un tassello di riforma strutturale per risolvere l’emergenza immondizia. Le opposizioni politiche e sociali, gli ostacoli burocratici sono in agguato. Le brutte esperienze del passato fanno testo. La linea C della metropolitana nella capitale, annunciata negli anni ’90, avrebbe dovuto essere operativa per il Giubileo del 2000 invece i lavori sono ancora in corso. Il primo tratto della linea C ha cominciato a funzionare solo nel 2014, ora è operativo il percorso da Monte Compatri-Pantano a San Giovanni. È prevista una fermata a piazza Venezia e la prosecuzione fino a Clodio-Mazzini-Farnesina. Ma non si sa quando i treni arriveranno fino allo stadio Olimpico e al ministero degli Esteri. Da anni, però, una parte del Lungotevere è transennata per lavori mai iniziati.