Conte e Grillo
alla comica finale

falchi del M5S, Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Assediato dai falchi del M5S, che vedono nella rottura con il governo l’unico modo per non sparire del tutto alle politiche dell’anno prossimo, Giuseppe Conte non sa più cosa inventarsi. E allora si agita, dichiara, minaccia. Insomma, cerca di stare al centro dell’attenzione mediatica e distinguersi dai governisti che se ne sono andati con Di Maio. E così un giorno dice che il Movimento resta nella maggioranza e il giorno dopo fa intendere che è a un passo dall’addio.

Ma adesso siamo veramente arrivati alla comica finale, perché Cinquestelle, dopo aver votato alla Camera la fiducia a Draghi sul decreto aiuti, potrebbe negargliela al Senato. Come Conte ha spiegato  (si fa per dire) subito dopo la fiducia votata a Montecitorio, «ora serve un segno di discontinuità del governo …  Draghi deve darci delle ragioni per restare». Le “ragioni” sarebbero rappresentate dai nove punti di un documento presentato mercoledì a Palazzo Chigi. Con dentro la difesa a oltranza di alcune bandiere dei grillini, dal reddito di cittadinanza al superbonus del 110%.

Falchi del M5S, Beppe Grillo

Beppe Grillo

Guarda caso, si tratta anche di misure volute a suo tempo dai governi Conte e che, fin dal suo arrivo a Palazzo Chigi, Mario Draghi ha sempre cercato di modificare. Con qualche ragione, visto che il reddito di cittadinanza costa molto e fino ad oggi non ha avviato al lavoro molti percettori. Mentre questo doveva essere il suo obiettivo finale. Per non parlare del superbonus edilizio, meccanismo costruito male, talmente male da aver consentito fino a questo momento truffe per quasi sei miliardi di crediti inesistenti. Ma Conte insiste nella difesa a oltranza, segno che il M5S ha già avviato la campagna per le politiche del 2023.

E Grillo? Alle prese con il processo (appena ripreso) che vede il figlio Ciro accusato di stupro, era scomparso dai radar perfino in occasione della batosta del Movimento alle amministrative. Si è rifatto vivo solo dopo la scissione, per dare del “traditore” a Di Maio. Con un post di due righe, dal tono abbastanza rassegnato: «Questo nostro è forse il tempo in cui tradire non lascia tracce nell’animo del traditore…». Ma è chiaro che il fondatore qualcosa in più doveva fare. E così, confermato il limite dei due mandati per gli eletti del Movimento, ha tirato fuori un’altra bandiera, una legge sul salario minimo come “battaglia di civiltà…”.