Il miracolo di Erdogan, 
da “dittatore” a mediatore 
tra Kiev e Mosca

presidente turco, Erdogan

Erdogan

A meno di un anno dalle elezioni, il presidente turco Erdogan è tornato al centro della scena politica come mediatore di guerra tra Russia e Ucraina. Un grande ruolo internazionale per far dimenticare i fallimenti sul piano interno: il modo autoritario in cui guida il paese, il crescente integralismo musulmano, l’inflazione al 60 per cento e una situazione economica fallimentare.

Promuovendo l’accordo per il trasporto del grano ucraino, bloccato dai russi nel porto di Odessa, Erdogan è riuscito a prendersi quel ruolo di protagonista nella mediazione tra Putin e Zelensky cercato invano da molti leader: Macron, Draghi e Scholz, come azionisti forti dell’UE, ma anche il presidente egiziano Al-Sisi e l’ex premier israeliano Bennett.

Alla fine – a sorpresa –  l’ha invece spuntata Erdogan, il ”dittatore” turco, come lo aveva definito Draghi nell’aprile del 2021, trasformatosi di colpo nell’opportunista pragmatico di cui adesso nessuno può più fare a meno. 

La verità è che il leader di Ankara è sempre stato un politico abile e spregiudicato. Guida l’unico Paese musulmano membro della Nato, tra l’altro un paese di 80 milioni di abitanti che confina con l’Europa, e quindi è coinvolto nelle scelte dell’alleanza atlantica, anche in quelle da cui Erdogan dissente in pubblico per poi negoziare a caro prezzo il suo via libera. Schema puntualmente ripetuto poche settimane fa, quando ha minacciato di bloccare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato e ha accettato l’allargamento solo dopo aver ottenuto un colloquio e una “photo opportunity” con il presidente Usa Biden, e – soprattutto – le armi e i fondi che fino a quel momento la Nato gli aveva negato.

presidente turco, Erdogan e Putin

Erdogan e Putin

Amico di Putin, ma anche in buoni rapporti con Zelensky, Erdogan sta sfruttando tutte le opportunità che gli offre la guerra in Ucraina. Lo fa con funambolica abilità, mettendo in mostra tutta la sua doppiezza per mantenersi in bilico tra i contendenti. Per esempio, condannando l’attacco della Russia, ma senza mai parlare di invasione e senza applicare le sanzioni contro Mosca. Nella speranza di “tenere aperto” il canale del dialogo con Mosca, aveva detto il portavoce del presidente turco, per giustificare la scelta. 

presidente turco, Zelensky

Volodymyr Zelensky

Opportunista come sempre, Erdogan ha infine usato la posizione geopolitica del suo Paese e la convenzione di Montreux che, in caso di guerra, affida alla Turchia il controllo degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. E così, quando Zelensky – appellandosi a quel trattato – ha chiesto al governo di Ankara di «proibire il passaggio delle navi da guerra russe nel mar Nero», Erdogan ha fatto partire subito il contropiede. Prima ha chiuso gli stretti alle navi russe e poi, vista la necessità di Putin di allentare il suo isolamento, lo ha spinto a sbloccare il grano dell’Ucraina e ad aprire uno spiraglio di pace tra Mosca e Kiev. Commentando la partenza della prima nave con un carico di grano ucraino dal porto di Odessa, il segretario generale dell’Onu ha detto che trasportava “miglio e speranza”. E la speranza – riaccesa grazie alla mediazione di Erdogan – è che si arrivi presto a un cessate il fuoco.