Per ora non ha nomi. Non si sa chi avrà il lascito di Draghi. Solo dopo le elezioni politiche del 25 settembre si saprà chi governerà, ma il lascito di Draghi è importante. È rilevante sul piano economico: il debito pubblico è calato rispetto al Pil (Prodotto interno lordo), il reddito nazionale è aumentato.
L’Italia nel 2021 ha usufruito di una crescita boom del 6,6% del Pil e il trend è molto promettente anche nel 2022 nonostante le difficoltà del caro energia (le previsioni danno oltre il 3% d’incremento, un tasso molto più alto della Germania e della Francia).
Il lascito di Draghi è consistente anche sul piano della politica internazionale: l’Italia ha accresciuto la sua credibilità verso i tradizionali alleati (Stati Uniti e Unione Europea), verso i mercati finanziari esteri. Sono risultati molto importanti da non sciupare.
Certo un po’ meno bene è andata verso gli avversari: Draghi non è riuscito ad assumere un ruolo di protagonista dopo l’invasione di Putin dell’Ucraina, mentre ha fatto breccia Erdogan (il presidente turco è stato l’artefice dell’intesa per lo sblocco delle navi ucraine cariche di cereali da esportare in tutto il mondo).
Il presidente del Consiglio dimissionario intende restare un tecnico prestato alla politica. Ha assunto una posizione neutrale verso le varie coalizioni in gara per vincere le elezioni (c’è anche chi, come Calenda, lo ripropone come presidente del Consiglio). Si è detto convinto che il prossimo governo saprà superare tutte le difficoltà (riuscirà a «preservare lo spirito repubblicano che ha contraddistinto la nostra azione»).
Tuttavia ribadisce la rotta tracciata per salvare l’Italia. Tra un uragano di applausi al Meeting di Comunione e liberazione a Rimini ha indicato la necessità di reagire con coraggio alle molte sfide difficili. L’Italia potrà farlo se resterà «ancorata alla Nato, al G7, all’Unione Europea» scongiurando «isolazionismo e protezionismo».
È un invito a restare con i piedi ben piantati nel perimetro delle democrazie occidentali. È un messaggio inviato ai movimenti sovranisti (un tempo si sarebbe detto nazionalisti) e populisti critici con la Nato, con la Ue, con l’euro. Consistenti spinte esistono anche all’interno di Fratelli d’Italia della Meloni e della Lega di Salvini. È un monito indirizzato a chi tende a sostenere o a giustificare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Una delle conseguenze della guerra è il gigantesco aumento del prezzo del gas russo (fino a dieci volte in più). È una enorme mazzata sulle imprese e le famiglie europee (in testa quelle italiane). Il malessere sociale potrebbe essere il varco attraverso il quale far passare delle dirompenti proteste anti occidentali.
Mario Draghi è consapevole della situazione esplosiva. Perciò ha insistito sulla necessità di restare saldamente alleati di Stati Uniti ed Ue non dimenticando, però, gli errori da correggere. Non a caso ha indicato la necessità di cambiare le regole di bilancio dell’Unione Europea «poco credibili e poco efficienti» nelle fasi storiche di forte crisi.
L’ex presidente della Banca Centrale Europea ha dato l’esempio su cosa fare. All’inizio del 2020, quando scoppiò il dramma del Covid, lanciò la proposta di buttare a mare le vecchie regole del patto di stabilità per l’euro ricorrendo a un massiccio ricorso al “debito buono” garantito da tutta la Ue. Anche la virtuosa Germania, dopo i primi no, si convinse: così la commissione europea varò alla fine un maxi piano di debito pubblico finanziato dall’Europa e non dai singoli paesi. L’intento era un progetto di ricostruzione post Coronavirus (poi avviato), fatto di assistenza ma soprattutto d’investimenti, di riforme strutturali.
Ora c’è la necessità di attuare una operazione analoga. Un esempio per tutti. Draghi ha proposto da marzo di fissare un tetto massimo europeo al prezzo del gas per arrestare i rincari. Ancora una volta la Germania e i paesi del nord Europa, però, si oppongono. La questione fa parte del lascito di Draghi per chi conquisterà Palazzo Chigi. La stessa stabilità finanziaria è a rischio: i giornali parlano di assalti di fondi speculativi internazionali al debito pubblico italiano a ridosso delle elezioni.