Alt agli odi politici, etnici, religiosi, sociali. Pacificazione nazionale. Firmato Liliana Segre. Basta in Italia con gli steccati visibili o invisibili. Liliana Segre, 92 anni, ebrea, ha sulle spalle una storia drammatica: metà della sua famiglia fu trucidata dai nazisti.
Arrestata quando era piccola dalla polizia fascista e deportata in un campo di concentramento nazista (gli venne tatuato il numero di matricola 75190), giovedì 13 ottobre non ha fatto un discorso rituale presiedendo la seduta inaugurale del Senato della 19° legislatura repubblicana.
Rivolge un accorato appello alla riconciliazione nazionale, all’unità dell’Italia sotto le bandiere della democrazia, della libertà, dell’europeismo. Il primo destinatario dell’invito è Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, il partito post fascista che ha vinto le elezioni politiche del 25 settembre. Il prossimo governo di destra-centro probabilmente guidato da Giorgia Meloni deve essere giudicato sui fatti, sostiene Liliana Segre.
L’anziana senatrice a vita parla delle tante vittime della dittatura di Benito Mussolini, ricorda Giacomo Matteotti assassinato nel 1924 perché il deputato socialista denunciò i brogli nelle elezioni. Invoca la fine delle divisioni sanguinose e laceranti che hanno dilaniato l’Italia nel ventennio fascista, durante e dopo la Guerra di Liberazione.
Propone la «piena condivisione» di tre feste nazionali: il 25 aprile 1945 (giorno della sconfitta del fascismo), il Primo maggio (festa dei lavoratori), il 2 giugno 1946 (vittoria della Repubblica sulla Monarchia). Queste tre date, onorate dalla sinistra e guardate con ostilità dalla destra autoritaria, non devono essere più “divisive”.
Ignazio La Russa, esponente di primo piano di Fratelli d’Italia e prima ancora del Msi erede del fascismo, è eletto presidente del Senato con il voto segreto nella prima e sorprendente seduta della nuova legislatura. Forza Italia non ha partecipato alla votazione ma l’esponente di Fratelli d’Italia ha ottenuto 116 consensi grazie ai sì di 17, 18, 19 “franchi tiratori” delle opposizioni. La Russa rende omaggio a Liliana Segre. Si stringono la mano e le regala un mazzo di rose bianche.
Concorda e rilancia sulla necessità di una pacificazione nazionale: ai tre giorni indicati dalla senatrice a vita da festeggiare insieme «potrei aggiungere la data di nascita del Regno d’Italia, che prima o poi dovremo far assurgere tra quelle celebrate come festa nazionale» (il 14 marzo 1861 nacque il Regno d’Italia, coronando con successo le lotte e le guerre del Risorgimento per unificare il Paese diviso in tanti stati e statarelli).
La Russa rende omaggio anche a Sandro Pertini, socialista, presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, grande combattente anti fascista. Pur non condividendo le idee di Pertini, cita ammirato una sua frase: «Nella vita è necessario saper lottare non solo senza paura ma anche senza speranza».
Il presidente del Senato, come Liliana Segre, invoca la riconciliazione nazionale. Lancia un appello all’unità. Dice basta a ogni tipo di violenza, compresa quella vissuta negli “anni di Piombo”, quando l’Italia negli anni Settanta e Ottanta fu funestata dalle sanguinose azioni del terrorismo nero e rosso.
La Russa si dichiara il presidente “di tutti”. Sollecita unità e coesione ma non mancano le contraddizioni e gli ostacoli. Ringrazia tutti, compreso chi l’ha votato «pur non facendo parte della maggioranza di centrodestra». Già perché la coalizione di destra-centro si è spaccata al primo appuntamento importante: i senatori di Forza Italia per contrasti con la Meloni sulla composizione del governo non hanno partecipato alla votazione. Silvio Berlusconi sembra aver avuto un’infuocata discussione con La Russa. Alla fine ha commentato: sull’esecutivo «non si devono mettere veti». Il riferimento sarebbe in particolare al no della Meloni a un ministero per Licia Ronzulli, fedelissima del presidente di Forza Italia.