La lezione della pandemia non è servita, e la necessità di rafforzare la Sanità pubblica sembra già archiviata. Eppure il SSN si era ritrovato ad affrontare la tragedia del Covid da solo e indebolito da anni di tagli d’ogni tipo: soldi, personale, posti letto.
Da qui – nella fase peggiore del lockdown – la promessa fatta dal governo e dalla classe politica in generale di rafforzare rapidamente la sanità pubblica sul territorio. D’altra parte l’andamento dei contagi aveva chiaramente dimostrato che a pagare il prezzo più alto erano state le regioni che avevano smantellato i servizi pubblici sul territorio. Il caso più eclatante fu l’esplosione dei contagi in Lombardia, che pure sulla carta sembrava attrezzata, vista la forte presenza di una vasta rete di cliniche private e strutture convenzionate.
Ma c’era un problema sottovalutato da tutti e che l’arrivo dell’infezione aveva messo impietosamente in evidenza. Sul fronte opposto, il Veneto, che aveva mantenuto una rete sanitaria pubblica sul territorio, era riuscita, e non a caso, a fronteggiare abbastanza bene l’emergenza Covid.
L’esempio negativo della Lombardia e quello positivo del Veneto sembravano portare a una sola conclusione: il massiccio rifinanziamento del SNS. L’emergenza Covid aveva dimostrato che si trattava di una necessità, per di più confortata ormai da un grande consenso politico.
Ma adesso che, grazie alla vaccinazione di massa, il peggio sembra passato, la promessa del rafforzamento della sanità pubblica sembra dimenticata. E tutti i segnali indicano un ritorno allo scenario che, a partire dal 2011, ha penalizzato il SSN, riducendo risorse, tagliando l’offerta pubblica di servizi, provocando lo spaventoso allungamento delle liste d’attesa e favorendo l’espansione dell’offerta privata. Negli ultimi 10 anni, in particolare, la crisi della sanità pubblica italiana è emersa clamorosamente con la forte riduzione del numero dei medici, con la chiusura di molti ospedali e con il taglio di tanti pronto soccorso.
Diversi indizi indicano che è sempre più attuale il disegno di privatizzare la sanità italiana, iniettandovi generose dosi di mercato. La conferma viene dalle previsioni di andamento della spesa sanitaria pubblica. Se dal 2017 al 2020 la percentuale era rimasta ferma al 6,6% del PIL (tra le più̀ basse in Europa), impennandosi al 7,3% nel 2021 a causa delle spese Covid, la tendenza programmata negli anni successivi risulta chiaramente al ribasso: 6,7% nel 2022; 6,6% nel 2023 e a 6,3% nel 2024.
Ma la crisi della sanità pubblica e la crescita esponenziale delle strutture private rappresentano un fenomeno che ormai investe molti paesi europei. Dalla Francia alla Germania, dalla Spagna al Portogallo. Per non parlare del Regno Unito. Dove il recente, massiccio sciopero degli infermieri ha costretto il Servizio Sanitario Nazionale ad annullare le visite e a cancellare migliaia di interventi. Compresi quelli urgenti.