Zenobia, Anastasia, Costanza, Elena. Paolo Biondi narra la rinascita cristiana di Roma imperiale. Narra i 50 anni cruenti della demolizione della Roma pagana dei Cesari per costruire il mondo nuovo della fratellanza e dell’amore predicato da Gesù Cristo.
Al centro della vicenda ci sono quattro donne, quattro regine. Nel romanzo “Zenobia, Anastasia, Costanza, Elena. Storie di templi e di regine”, l’autore dipana il racconto tra la fine del terzo secolo e l’inizio del quarto dopo Cristo. Biondi, giornalista e scrittore, è un appassionato di storia romana. Il libro (Edizioni di Pagina, 161 pagine) segue tanti altri volumi, alcuni dedicati anche a celebri figure femminili: Livia e Giulia, la moglie e la figlia di Giulio Cesare Ottaviano Augusto, il fondatore dell’impero dalle ceneri della repubblica.
Zenobia è la regina di Palmira, in Siria, dominatrice di un vasto e potente regno in Medio Oriente sottratto all’impero di Roma. L’imperatore Aureliano la sconfigge. Contemporaneamente batte anche una ribellione in Gallia e sconfigge i germani impedendo la disgregazione dei domini della Città eterna. Zenobia è bella, intelligente, colta, raffinata. Conquista il conquistatore: scoppia l’amore tra il vincitore e la vinta portata a Roma. Tra i due c’è anche una forte consonanza culturale e religiosa: Zenobia è cristiana, Aureliano è pagano ma monoteista, devoto al dio Sole. La regina dice all’amato: «Al fondo crediamo tutti nell’unico dio». Il tempio del Sole sorge accanto all’arco di Domiziano, è inaugurata la festa del “Sol Invictus”. È celebrata, scrive Biondi «dal 23 al 25 dicembre, quando il sole sconfigge le tenebre». Strana coincidenza: le comunità cristiane asiatiche avevano cominciato a festeggiare la nascita di Gesù, molto incerta, il Natale, proprio il 25 dicembre. L’ala conservatrice del Senato prende male la decisione di Aureliano.
Anastasia circa 50 anni dopo cerca conferme sul 25 dicembre, il giorno per festeggiare il Natale. Fervente cristiana, sorella di Costantino, abita a Roma sul Palatino, nella casa un tempo di Ottaviano Augusto. Ma vuole rimodellare il Palatino alla predicazione di Gesù Cristo. Chiede aiuto al fratello Costantino: l’imperatore vittorioso su Massenzio, tracciando sugli scudi dei suoi soldati il segno della Croce, l’aiuta a costruire una chiesa fatta a croce sul Palatino. Anastasia commenta: questa cappella è «il luogo dove sento che vivrò un nuovo inizio».
Roma vive l’incertezza e la speranza del passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Costantino fa costruire tante nuove chiese dopo le sanguinose persecuzioni dell’imperatore Diocleziano e dei suoi successori. In testa ci sono le basiliche in onore di San Pietro, San Paolo e San Giovanni. Tuttavia l’Urbe perde potere politico perché le capitali dell’impero diventano Costantinopoli (la città fondata in Oriente dal nuovo imperatore) e Milano. Il vuoto viene in parte riempito dal vescovo di Roma: Silvestro rafforza la centralità della città eterna tra le comunità cristiane.
Costanza, figlia di Costantino, cresce lontano dall’affetto della madre. Si lega sempre di più alla zia Anastasia e alla sua religiosità cristiana. Per lei diventa un modello Agnese, la ragazza uccisa per la sua devozione alla nuova fede. Viene ricordata nella casa di Anastasia «facendo di una morte una nascita» a una nuova vita. Costanza si ammala, prega Agnese. Si salva, ne è convinta, grazie al calore «delle preghiere ad Agnese». Lungo la via Nomentana a Roma è costruita una basilica, esistente ancora oggi, nel punto della sepoltura di Agnese. Accanto Costantino fa costruire un mausoleo, anch’esso in piedi ancora adesso, in onore di Costanza.
Elena, la madre di Costantino, è la quarta donna del libro di Biondi. È devotissima, porta sulla via del cristianesimo il figlio. È tenace, è determinata a recuperare tutti i ricordi della vita e della morte di Gesù Cristo. Parte per la Terrasanta. Indaga e interroga tutti dopo trecento anni dalla crocifissione di Cristo. Scava lei stessa per cercare testimonianze e reliquie. Biondi scrive: «Elena riuscì a identificare Golgota, Santo Sepolcro e grotta della Natività a Betlemme». Riempie una cassa enorme di reliquie. Racconta a tutti, narra l’autore, che aveva raccolto ogni pezzetto di legno della Croce e «i chiodi della crocefissione, non distanti dal sepolcro della resurrezione». Oggi i frammenti della Croce e un chiodo sono conservati a Roma nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme.