Istrione, spregiudicato, geniale. Silvio Berlusconi si è sempre presentato come un vincente. Dopo il crollo della Prima Repubblica occupa il vuoto politico lasciato dalla distruzione di Dc, Psi, partiti laici. Sapeva vendere bene i suoi prodotti, anche i più difficili da imporre come Forza Italia, il suo partito-azienda.
Incanta gli italiani nel 1994 con uno slogan accattivante: «L’Italia è il paese che amo». Stupisce tutti. Contro i pronostici vince le elezioni politiche, nasce la Seconda Repubblica. Porta al successo il centro-destra unito per la prima volta nella storia italiana. Riesce nel miracolo: far decollare l’alleanza con la Lega indipendentista di Bossi (dominante al Nord) e il Msi neofascista di Fini (forte al Sud).
Silvio Berlusconi inventa il leaderismo, il populismo, le facili promesse tipo “meno tasse per tutti”. Riesce a catturare l’elettorato moderato con due mosse: capta la paura verso “i comunisti di Occhetto” e lo scontento dei ceti produttivi del Nord. Definisce Forza Italia “un partito liberale di massa”; è un partito personale, aziendale ma sfonda. Berlusconi diventa presidente del Consiglio, guida quattro governi, domina la scena per trent’anni dalla maggioranza o dall’opposizione grazie al nuovo sistema elettorale maggioritario, il bipolarismo, sostenuto anche dalla sinistra. D’Alema e Veltroni devono ricorrere al democristiano Prodi per cercare di resistere.
Il Cavaliere si presenta come un imprenditore vincente, all’americana, che si è fatto da solo, inventore della tv commerciale, alla testa di un impero di aziende con al centro le reti Mediaset. Miete successi anche nel calcio: da giovane resuscitando il Milan e da vecchio con il Monza. Potere, ricchezza, aziende, tv, giornali, ville fanno breccia nell’immaginario collettivo e miete voti.
Il Pci-Pds-Ds-Pd fa il controcanto: punta il dito contro il populismo, ne fa un bersaglio politico. A sinistra lo chiamano “Caimano”: è assediato da decine di processi, qualcuno anche in odore di mafia, ma arriva una sola condanna per frode fiscale. È imputato anche per la sua voracità sessuale, per le feste a Palazzo Grazioli a Roma da lui chiamate “cene eleganti”.
Tuttavia la strategia del tiro al “bersaglio”, all’”uomo nero” non paga. Non paga la linea di brandire la clava giudiziaria e quella etica, senza una proposta politica alternativa credibile. Veltroni, D’Alema (ora in guai giudiziari per il caso armi alla Colombia), Fassino, Franceschini, Bersani, Letta alla fine perdono sempre. Prima contro Berlusconi, poi contro i nuovi populisti Grillo, Salvini e Meloni ancora più euroscettici e anti euro.
La trasformazione del Pd in una forza sostanzialmente liberaldemocratica (come volevano De Benedetti e Scalfari) fa perdere una valanga di voti: i lavoratori e i ceti popolari alla fine addirittura emigrano verso destra, prima verso Berlusconi e poi verso la Meloni. Il Cavaliere ha interpretato da destra il modello americano (ricchezza, successo, libero mercato), il Pd veltroniano-dalemiano lo ha interpretato da sinistra sposando la globalizzazione economica selvaggia portatrice di diseguaglianze e dell’impoverimento del ceto medio.
Berlusconi muore a 86 anni a Milano, la sua città, lasciando un grande vuoto politico. Scompare senza lasciare un erede per Forza Italia. Giornali e tv sono monopolizzati dalla notizia della sua morte. Adesso si ridisegna tutto il sistema politico italiano. A destra si apre una gara tra Meloni e Salvini per attrarre e assorbire i vari tronconi di Forza Italia, partito leaderistico senza più un leader. Già nelle elezioni europee dell’anno prossimo ci sarà la verifica: in molti non scommettono sull’arrivo di un simulacro di Forza Italia al voto per l’Europarlamento.
Per il centro-sinistra, per i cinquestelle ma soprattutto per il Pd si apre un problema enorme. C’è da ripensare un partito nato e cresciuto contro Berlusconi, più che un avversario era ed è considerato un nemico. Il Caimano è giudicato quasi il simbolo del male assoluto. Il Pd non naviga in buone acque. Elly Schlein solo da pochi mesi è la nuova segretaria del Partito democratico uscito a pezzi dalla disfatta delle elezioni politiche del settembre 2022. Elly Schlein naviga tra mille difficoltà: indica il salario minimo come “cifra” del suo riformismo basato sull’uguaglianza e sui diritti civili. Basta con il precariato fatto passare anche dai governi di centro-sinistra. Matteo Renzi, ex segretario del Pd, presidente di Italia Viva, ha avuto un buon rapporto con il Cavaliere. Non è esclusa una sua mossa a sorpresa.
La camera ardente del presidente di Forza Italia è allestita nella Villa San Martino di Arcore. Il popolo berlusconiano è in lacrime, affranto. Le esequie si tengono nel Duomo di Milano mercoledì 14 giugno. Giorgia Meloni sospende ogni impegno. Fa scelte azzardate: i funerali di Stato e una giornata di lutto nazionale. Le decisioni della presidente del Consiglio sono contestate a sinistra. Ancora una volta l’Italia si divide tra “amore” e “odio”. Silvio Berlusconi davanti alle difficoltà diceva: «Io so farmi concavo e convesso». Molte volte riusciva a superare gli ostacoli ma alla fine, sconfitta dopo sconfitta, è stato costretto a cedere il passo prima a Salvini e poi a Meloni.