Una categoria in via di estinzione, una diaspora che ha cancellato la “casa comune”, la “città degli uomini”, divisi, sparpagliati, dimentichi di quel denominatore comune che era stata la loro forza e oggi l’uno contro l’altro armati.
Sono stati uccisi dalla spregiudicatezza dei magistrati di Mani pulite, accoltellati da quel personalismo in politica, inaugurato dall’era di Silvio Berlusconi con annessi e connessi, e oggi praticamente scimmiottato da tutti. I cattolici democratici sono orfani sparsi in “istituti diversi”, spesso in concorrenza tra loro, e non riescono più a ritrovare quella base comune che gli aveva consentito di guidare il Paese per svariati decenni.
Con la recente scomparsa di Arnaldo Forlani, i sopravvissuti rimasti alla ribalta si riducono praticamente a due: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato nella difesa strenua dei principi costituzionali e Rosy Bindi che fatica non poco a mantenere viva quella fiaccola di speranza in una nuova resurrezione!
Questa lunga epoca di estremismi concettuali e politici, questa fase di contrapposizione e personalismi ha finito per aggredire anche il concetto di cattolicesimo democratico e a poco o nulla sono serviti e servono i richiami al medesimo denominatore. Le posizioni si sono esacerbate come tutta la politica (concetto ormai inesistente!) e i cattolici democratici, orfani, si sono sparpagliati lasciandosi irretire da una “fede” che ormai vede su un fronte i “conservatori” e sull’altro i “progressisti”, entrambi sordi anche ai continui richiami di Papa Francesco.
Ma al di là delle responsabilità ormai storiche e di cronaca, dove sono le responsabilità intrinseche della situazione attuale, senza contare quelle strutturali che hanno le radici in una sorta di “menefreghismo” dilagante, in una disaffezione da tutto e tutti escluso il proprio tornaconto personale (in questo il berlusconismo è stato maestro!)? Il problema è nella scarsa attenzione a quello strano oggetto denominato “questione morale”. Infine pesa la sottovalutazione della dottrina sociale della Chiesa e l’abbandono del territorio (come d’altronde ha fatto da decenni anche la politica).
In queste ultime due questioni molta responsabilità ricade proprio sulla Chiesa. come evidenzia in un suo articolo Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza episcopale campana: «…si consideri che oggi, di fatto non ci sono più, o almeno sono deboli, quelle associazioni cattoliche che costituirono il retroterra culturale…l’attuale tessuto ecclesiale o si presenta sfilacciato oppure produce rari frutti per l’impegno politico dei cattolici. Ottimi frutti per il volontariato e la carità, ma scarsi frutti per quella forma più alta di carità che dovrebbe essere la politica».
Abbiamo accennato alla questione morale e, fermo restando che la “fede” non può esimersi dalla trasposizione nei comportamenti sociali e essere cattolici si declina anche come politica, alcuni avvenimenti di questi giorni l’hanno riportata sotto i riflettori. A questo proposito non è peregrino ricordare l’articolo 54 della nostra Costituzione: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge».
“Onore”… termine dalle mille sfaccettature, ma quello utilizzato nella Costituzione non può che avere un significato morale, quindi se da una parte esistono questioni giudiziarie o espressioni inadeguate che investono un politico va tracciata una linea di demarcazione molto precisa. Le questioni giudiziarie sono appannaggio della magistratura che dovrebbe fare con rapidità i suoi accertamenti, senza lasciare le persone in balia delle illazioni, ma dall’altra parte c’è una questione morale che dovrebbe imporre di fare un passo indietro, prima di tutto per il proprio buon nome.
In un mondo perfetto non ci sarebbe neanche da discutere, purtroppo nelle nostre democrazie imperfette la passione per la poltrona resta un “attaccamento” troppo forte. Eppure un milione di vite fa esponenti di spicco sono stati capaci di fare il bel gesto, magari non sempre spinti da un sincero anelito morale, ma da qualche calcio di buone dimensioni. Ne cito solo alcuni, senza entrare nel merito delle vicende o dei “calci” più o meno forniti: Giovanni Leone, Carlo Donat Cattin, Claudio Scajola, Roberto Calderoli, Francesco Storace, Clemente Mastella, Federica Guida…
Ultima annotazione: negli ultimi decenni una sola richiesta di sfiducia nei confronti di un ministro è stata approvata, quella nei confronti del ministro della Giustizia Filippo Mancuso, con buona pace della classe politica attuale che non sa fare altro che perpetuare se stessa.