«I nostri padri fondatori erano geni che devono essere celebrati, non cancellati». Così il senatore Tim Scott, afro-americano, repubblicano della South Carolina, e candidato presidenziale alle primarie del suo partito.
Si tratta di una visione solo parzialmente corretta, secondo Jim Grossman, storico e direttore esecutivo della American Historical Association. In un’intervista alla “Public Broadcasting Service” (PBS) Grossman ha chiarito che i padri fondatori, nonostante il loro genio e le loro idee rivoluzionarie, erano uomini «dei loro tempi, cresciuti in un mondo dove era OK possedere, comprare, e vendere essere umani». Quando leggiamo nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti la frase idealistica che «tutti gli uomini sono stati creati uguali» in realtà suona falsa. Includeva solamente i bianchi benestanti escludendo le donne, gli afroamericani, i nativi americani, e altri gruppi minoritari. Non suona completamente vera ai nostri giorni nonostante moltissimi progressi fatti verso la meta degli ideali espressi dai padri fondatori.
La visione di slogan storico espressa da Scott influenza ovviamente l’ideologia politica. Se i padri fondatori erano perfetti si possono dunque usare come punto di riferimento per le nostre azioni che possono anche includere la violenza per scopi politici. Non sorprende dunque che molti degli assalitori al Campidoglio il 6 gennaio del 2021 portassero insegne, stemmi, bandiere con la scritta 1776. Si vedevano come idealisti e rivoluzionari che salvavano il loro Paese da un governo illegittimo il cui presidente era stato eletto, secondo loro, mediante la frode. I riottosi erano dunque “patrioti” che, come ha spiegato la leadership repubblicana, esprimevano opinioni politiche legittime.
Quasi mille di questi riottosi sono stati arrestati e alcune centinaia di loro sono già in carcere. I “pesci” grossi di questa sommossa potrebbero anche loro essere processati a conclusione delle indagini di Jack Smith, il procuratore speciale che sta indagando gli eventi del 6 gennaio 2021. Ciò non cancella una leggerissima patina di accettabilità che è stata esagerata, disegnata a cancellare la loro ingiustificata violenza. La “Fox News”, infatti, con l’ex conduttore Tucker Carlson, ha trasmesso delle immagini in cui i riottosi sono presentati come pacifici turisti nelle aule del Campidoglio. Il fatto che Donald Trump, il probabile candidato repubblicano alle elezioni del 2024, abbia dichiarato che se rieletto concederebbe loro la grazia, ci conferma che la visione ammirevole di questi individui intende colorare il passato storico legittimandolo per scopi politici.
Una volta creatasi la visione “storica”, che solo coglie una piccolissima parte della realtà totale di cui parla Grossman, si può continuare a rafforzarla. La Florida, sotto la guida del governatore Ron DeSantis, si trova all’avanguardia per ritornare a una visione idealistica del passato che esclude i diritti dei gruppi minoritari, tentando di portare indietro le lancette dell’orologio della storia. DeSantis, anche lui candidato alla nomination del Partito Repubblicano, ha condotto una campagna per minimizzare o persino escludere lo studio accademico di questioni razziali. Il governatore del Sunshine State intende chiudere gli occhi allo studio della teoria critica della razza che suggerisce disapprovazione alla visione esclusivamente idealistica, ignorando le ovvie macchie che sfuggirono alla pratica dei padri fondatori.
Nonostante la sua rivalità con Trump per la nomination repubblicana, DeSantis si accomuna all’ideologia dell’ex presidente, il quale aveva detto che il suo slogan MAGA, rifare grande l’America, vuol dire riportarla al clima politico ed economico degli anni ’50. L’America a quei tempi andava molto bene per la popolazione bianca ma la discriminazione continuava ad affliggere gli afroamericani, le donne e altri gruppi minoritari.
Una visione storica molto più completa però esiste in America che si scontra con quella reazionaria di DeSantis e Trump. In California, Stato con governo liberal, si sta parlando seriamente di risarcimento ai discendenti di afro-americani per avere subito danni morali ed economici a causa della schiavitù. Una task force condotta da Lisa Holder, leader di diritti civili, ha preparato un rapporto che raccomanda ricompense ai discendenti di individui che hanno sofferto la schiavitù. Paradossale la coincidenza tempistica poiché il rapporto è stato rilasciato quasi contemporaneamente alla decisione della Corte Suprema di eliminare l’Affirmative Action che concedeva una leggera preferenza di ammissione all’università agli afro-americani.
Le riparazioni per “correggere” la storia non sono popolari con gli americani. Solo il 30 percento sarebbe favorevole mentre in California il 50 percento si considera contrario. Ciononostante il 59 percento dei californiani favorisce scuse formali che riconoscano le ingiustizie del passato.
Secondo un sondaggio della PBS gli americani preferiscono uno studio della storia che si concentri sui fatti obiettivi, date importanti, ecc., mentre gli storici considerano essenziali gli studi basati sui documenti originali. Al di là dei fatti obiettivi ci vuole una visione comprensiva che riconosca la complessità e non si limiti a un quadro in bianco e nero. L’idea reazionaria di vedere solo l’idealismo dei padri fondatori si scontra con il piano di riparazioni considerato dalla California. La storia va sempre rivalutata con un occhio alla giustizia e inclusione. Il piano di riparazioni per raggiungere gli ideali dei padri fondatori sarà difficilmente fattibile ma ha il merito di avvicinarsi a un’interpretazione idealistica che i padri fondatori hanno tracciato ma non hanno compiuto ai loro tempi. I tempi però cambiano.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.