Il Pantheon: miti, misteri, grandi fatti storici. Il tempio voluto da Cesare Ottaviano Augusto e dedicato a tutti gli dèi ne ha di storie da raccontare, in oltre duemila anni di travagliata vita ha visto di tutto. Già il luogo dell’edificazione è legato a un mito straordinario: in quel punto del Campo Marzio Romolo, fondatore e primo re di Roma, sarebbe asceso al cielo durante un rito religioso.
Una leggenda medioevale, particolarmente affascinante, riguarda invece la cosiddetta cacciata dei diavoli. Quando nel 609 dopo Cristo l’antico tempio pagano fu trasformato in chiesa consacrata a Santa Maria ad Martyres, i demoni fuggirono dall’edificio facendo saltare una gigantesca pigna di bronzo, che ostruiva il foro circolare di 9 metri posto sulla sommità della cupola, il cosiddetto “oculus”, occhio. Dei diavoli fuggiti non c’è traccia, ma una enorme pigna di bronzo, detta Pignone, esiste davvero. È alta quasi 4 metri, è opera dello scultore dell’antica urbe Publio Cincio Savio, si trovava nelle Terme di Agrippa e ora è in uno dei cortili dei Musei Vaticani.
La trasformazione del Pantheon, da tempio pagano a chiesa, salvò dalla distruzione un autentico capolavoro dell’architettura dell’antica Roma, uno dei pochi sopravvissuti quasi intatti fino ad oggi. L’imperatore bizantino Foca nel 608 dopo Cristo donò a Bonifacio IV il Pantheon e il papa l’anno seguente lo trasformò in una chiesa. Sarebbero arrivati dalle catacombe cristiane della città ben 28 carri pieni di ossa per essere tumulate nella chiesa. L’incisore di stampe romane Giovanni Vasi scrisse nel 1763: Bonifacio IV «fece trasportare da varj cimitari di ossa di ss. Martiri, e fecele collocare sotto l’altare maggiore; onde fu detto s. Maria ad Martyres».
Anche in questo caso mito e storia si intrecciano. Per la storia il Pantheon fu costruito, come è precisato da una iscrizione sul frontone, tra il 27 e 25 avanti Cristo dal console Marco Vipsanio Agrippa, generale vittorioso, amico, collaboratore e genero di Ottaviano. Il tempio fu edificato a spese di Agrippa dopo la sua vittoria contro la Persia: fu dedicato a tutti gli dèi del mondo antico, romano e delle province conquistate in Europa, Asia e Africa. Fu lo strumento architettonico di una politica universalistica e di inclusione di popoli, culture e religioni diverse. L’architetto ed ingegnere di origini cumane Lucio Cocceio Aucto ideò e realizzò l’opera d’arte.
Era uno dei simboli di Roma Caput Mundi, centro del mondo. L’obiettivo era di sostenere anche sul piano urbanistico e culturale l’ascesa politica di Augusto, il primo imperatore romano, l’uomo che pose fine a 100 anni di guerre civili e trasformò la Repubblica in Impero. Fu un tassello della più generale politica del consenso per dare vita alla nuova istituzione dell’Impero romano. Non a caso nel tempio, assieme alle effigi di tutti gli dèi, furono poste le statue di Augusto, del padre adottivo Gaio Giulio Cesare e dello stesso Agrippa. I primi segni, di matrice orientale, di divinizzazione del capo, dell’imperatore. Agrippa fu la mano e il Pantheon fu l’”occhio” della politica di egemonia culturale di Augusto per conquistare classe dirigente e popolo romano alla svolta istituzionale dell’Impero.
Leggenda nella leggenda: l’ispirazione religiosa dell’opera è attribuita alla dea Cibele, la Grande Madre. Il professor Umberto Cardier spiega: Agrippa fu ispirato «da un’apparizione della dea Cibele che gli promise aiuto in una guerra contro la Persia in cambio della costruzione di un tempio magnifico, di cui gli mostrò l’immagine».
Traversie e disastri non sono mancati. Il Pantheon più volte è andato a fuoco, ma è sempre stato restaurato: prima dall’imperatore Domiziano, poi da Traiano, Adriano, Antonino Pio e Settimio Severo. La meraviglia che ammiriamo ancora oggi è sostanzialmente merito di Adriano. Qui aleggia un mistero. Per alcuni fu lo stesso imperatore architetto, oltre che filosofo, a rifare dalle fondamenta il tempio costruito da Augusto e poi andato distrutto dal fuoco. Per altri la paternità di questo capolavoro va invece attribuita ad Apollodoro di Damasco, un geniale architetto ed ingegnere greco famosissimo già all’epoca di Traiano. Adriano, però, sull’architrave del Pantheon lasciò l’iscrizione con l’attribuzione dell’edificazione ad Agrippa.
Ha sfiorato altre volte la distruzione. Dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente ha seguito la triste sorte della città. È stato ripetutamente depredato dai barbari invasori come tutta l’urbe. L’imperatore bizantino Costante II fece anche peggio di vandali e goti: entrò nella città eterna accolto con entusiasmo dalla popolazione, invece saccheggiò palazzi e chiese compreso il Pantheon: s’impossessò perfino delle tegole di bronzo dorate della cupola. Il bronzo era un magnete, attirò anche papa Urbano VIII. Il pontefice Maffeo Barberini, che pure era un colto mecenate, fece asportare nel 1625 le travi di bronzo del porticato del Pantheon. Utilizzò il bronzo ricavato, assieme ad altro metallo, per costruire nella basilica di San Pietro il grandioso baldacchino (opera di Gianlorenzo Bernini) sulla tomba del primo papa della chiesa cristiana e per fondere 80 cannoni di Castel Sant’Angelo. Una spoliazione divenuta tristemente famosa. Pasquino, la “statua parlante” posta dietro piazza Navona (ancora adesso ospita fogli di protesta del popolo contro il potere), attaccò Urbano VIII: «Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini».
Il Pantheon, però, ha resistito a tutti i disastri. Ha una forma sferica e proporzioni perfette: 43,44 metri di altezza per 43,44 di diametro. È un capolavoro artistico e d’ingegneria. È affascinante. Ancora oggi possiede la più grande cupola in muratura del mondo. L’enorme cupola perfettamente sferica, come la cella, è costituita di colate di calcestruzzo utilizzando laterizi diversi: alla base materiali più pesanti e poi via via più leggeri verso l’alto per garantire la stabilità (prima pezzi di travertino, quindi pietre, mattoni, tufo fino ad arrivare alla pomice posta in cima).
L’imponenza e l’armonia danno i brividi al visitatore, oggi come nell’urbe capitale dell’Impero. Nello spazio enorme della cella ci si sente minuscoli. È senza finestre, lo spazio è delimitato da gigantesche colonne monolite di travertino grigio e rosso. L’”oculus” di 9 metri di diametro sulla sommità della cupola fa entrare un fascio di luce: crea un’atmosfera rarefatta e sacrale, per gli antichi romani rappresentava il legame tra gli dèi e gli uomini. Il 21 di giugno si ripete ogni anno un suggestivo fenomeno astronomico: la luce del sole entra dall’”oculus” e a mezzogiorno colpisce il centro del grande portale d’ingresso alto ben 7 metri. Da foro della cupola entra la pioggia, ma non causa alcun allagamento, perché il pavimento è leggermente convesso e l’acqua viene smaltita da 22 griglie di scarico.
Sorseggiando un caffè seduti al bar Tempio lo spettacolo è affascinante. In primo piano si vede la fontana progettata nel Rinascimento dall’architetto Giacomo della Porta, l’obelisco egizio e dietro si staglia il Pantheon. Sull’architrave c’è inciso il nome dell’edificatore: «Marco Agrippa, figlio di Lucio, al terzo consolato, costruì». Il visitatore è emozionato già al primo impatto visivo. Il porticato d’ingresso è imponente: è composto da 16 colonne monolitiche di travertino, alte oltre 14 metri, poste su due file. I turisti rimangono a bocca aperta mentre i romani, abituati al magnifico spettacolo, passano e guardano distratti quella meraviglia.
Il Pantheon ha conquistato artisti e potenti. Raffaello Sanzio, il geniale pittore del Rinascimento, si è fatto seppellire in questa chiesa. Il re Vittorio Emanuele II di Savoia, artefice dell’unità d’Italia con Cavour, Garibaldi e Mazzini, riposa qui. Nella chiesa c’è la tomba del re Umberto I, ucciso nel 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci, e della moglie Margherita. Un’altra leggenda parla del fantasma inquieto di Umberto I. Si aggirerebbe dentro e fuori l’edificio. Si è parlato molto di un’apparizione del fantasma negli anni Trenta del secolo scorso e del colloquio misterioso con una guardia. Ma il contenuto dell’incontro è sempre rimasto segreto.
Come si dice in gergo il Pantheon “tira”. Ogni anno è visitato da ben 7 milioni di persone, i turisti vengono da ogni parte d’Italia e del mondo attirati dalla sua bellezza. Alle volte, anche sotto il sole infuocato di questo agosto rovente, si formano file interminabili di persone all’ingresso, tanto che da un po’ di tempo sono comparse delle transenne, dei custodi e dei poliziotti sorvegliano il flusso per motivi di sicurezza. Brutte novità sono in arrivo. Presto le transenne potrebbero trasformarsi in tornelli a pagamento. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha annunciato l’arrivo del “pagamento del biglietto” anche basso per far fronte alle spese di manutenzione. È circolata la cifra di 5 euro da dividere tra l’Italia e il Vaticano. Il deficit nei conti pubblici ci fa varcare sempre nuovi traguardi, certo non belli. Tuttavia, per adesso, l’ingresso resta gratuito.