Alle prese con il rompicapo di un Pil che rallenta e di una manovra di Bilancio senza soldi alla vigilia delle elezioni europee, Giorgia Meloni mostra all’improvviso tutto il suo nervosismo. Lo fa aprendo il fuoco contro Bruxelles al termine di una sonnolenta conferenza stampa domenicale al vertice del G20 in India nella lontanissima New Delhi. Con un duro attacco alla Commissione Ue che non ha ancora dato il suo via libera all’intesa Ita-Lufthansa.
Lo stallo è curioso. «Vorremmo una risposta», taglia corto la premier, che non riesce a nascondere il proprio fastidio per questa vicenda, ma anche per la freddezza con cui a Bruxelles hanno accolto la candidatura italiana di un “tecnico super partes” (sottolinea la premier) come Daniele Franco alla guida della Bei, la Banca europea per gli investimenti, che adesso vedrebbe in pole position un “politico” come la commissaria Ue per la Concorrenza Margrethe Vestager.
L’attacco all’Unione europea sorprende per due motivi. Primo perché fin del suo primo giorno a Palazzo Chigi, la nostra premier aveva sempre mostrato grande prudenza nei confronti di Bruxelles, con la sola eccezione della mancata firma italiana del Mes, e il conseguente blocco del Fondo salva-Stati.
Cosa che – comunque – non aveva impedito alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen di trattare sempre con i guanti bianchi la nostra premier. Secondo i maligni perché, aspirando a un secondo mandato a Bruxelles, potrebbe aver bisogno dei voti dei conservatori europei e quindi dell’appoggio della Meloni che presiede quel Partito.
A questo punto è però evidente che gli ultimi segnali arrivati dall’Ue devono aver convinto la nostra presidente del Consiglio che lo scudo Von der Leyen non basta per tenere il governo italiano al riparo dai colpi di Bruxelles. Come dimostra la persistente solitudine di Roma di fronte all’eterno grande problema dell’immigrazione clandestina, con Lampedusa che tocca il record di cinquemila sbarchi in un solo giorno e il contemporaneo stop di Francia e Germania ai migranti in arrivo dall’Italia.
E ecco allora la nostra premier abbandonare la prudenza sempre mostrata con l’Ue per partire al contrattacco. Una vera e propria capriola, ma anche e soprattutto un errore politico. Visto che adesso Palazzo Chigi dovrà negoziare con Bruxelles e dovrà farlo su vari fronti. Dalle modifiche chieste al Pnrr per avere il via libera ai pagamenti dei fondi europei, a partire dalla quarta rata che per il momento è ancora bloccata.
Ma la vera partita il governo italiano dovrà giocarsela entro novembre per ottenere lo sforamento del deficit pubblico. Quel passaggio dal 3,7 al 4 per cento del PIL senza cui il governo Meloni non sarebbe in grado di finanziare la prossima legge di Bilancio.