Gruber contro Schlein. È successo l’impensabile, è un settembre nero per Elly Schlein. Improvvisamente ribolle la rivolta. La segretaria del Pd è sommersa dai colpi del “fuoco amico”. È attaccata con durezza dalla stampa di sinistra, dai centristi progressisti e da larga parte dei dirigenti del Pd.
Lilli Gruber su La7 infierisce imputandole la scarsa chiarezza di linguaggio quando attacca il governo Meloni per gli sbarchi dei migranti a Lampedusa. La conduttrice obietta: «Ma chi la capisce se lei parla così?». Massimo Giannini dà man forte alla Gruber contro la Schlein. Il direttore de La Stampa accusa: «Non dice una parola chiara».
La rivolta parte dalla fuga dal Pd di molti esponenti centristi. 31 esponenti del Pd ligure passano ad Azione di Calenda (c’è anche il consigliere regionale Pippo Rossetti e la votatissima consigliera comunale di Genova Cristina Lodi). Schlein cerca di smorzare l’impatto della brutta notizia ma finisce a terra con uno “scivolone”. Si dice dispiaciuta degli addii «ma se qualcuno può non sentirsi a casa in un Pd che si batte per l’ambiente, i diritti e il lavoro di qualità, allora forse l’indirizzo lo aveva sbagliato prima».
Scoppia il finimondo. Quel «non sentirsi a casa» nel Pd e quel «forse l’indirizzo lo aveva sbagliato prima» fa infuriare sia l’anima centrista sia quella di sinistra del partito. Stefano Bonaccini, presidente del Pd e della regione Emilia Romagna, è lapidario: «Un Pd piccolo e radicale non serve», è necessario tornare «subito a una vocazione maggioritaria». Pierluigi Bersani, ex segretario da poco rientrato nei democratici dopo una scissione realizzata assieme a Speranza e D’Alema, intima: «Bisogna darsi una mossa». Nicola Zingaretti, altro ex segretario, è furente. “il Foglio” rivela una sua indiscrezione al vetriolo. Avrebbe confidato: «Con lei alle Europee non arriviamo neanche al 17%». Piero Fassino, già segretario dei Ds, è sconsolato: «Ci si rallegra di chi arriva, non di chi parte». Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa, lancia un attacco bruciante ma dal tono flautato vestigia della sua ex militanza democristiana: «Non bisogna ignorare il disagio».
Gruber contro Schlein, l’attacco è per il linguaggio incomprensibile. Il vertice del Pd è in rivolta contro la sua segretaria per la fiacca opposizione al governo di destra-centro della Meloni. Le cose cambiano in fretta. A febbraio scoppiò l’entusiasmo nella sinistra, dentro e fuori il Pd, quando Elly Schlein s’insediò a sorpresa al posto di Enrico Letta battendo per una manciata di voti Bonaccini, favorito nella corsa per la segreteria. Il potente presidente della regione Emilia Romagna vinse nei voti degli iscritti al partito ma perse in quelli degli esterni, i cittadini che andarono a votare in massa.
Schlein commentò: «Non ci hanno visto arrivare», un preciso messaggio lanciato soprattutto alla “ditta”, ai capicorrente del Partito democratico. Gli elettori di sinistra votarono ai gazebo per la novità: una donna, giovane, combattiva, tenace. Il mandato era preciso: vendicare il Pd travolto nelle elezioni politiche del 2022, sprofondato con Enrico Letta al 19% dei consensi.
Ma l’entusiasmo è durato appena pochi mesi, è rapidamente evaporato. La segretaria cominciò a perdere colpi quando confessò di rivolgersi, a costi alti, a una armocromista per dei consigli su quali abiti e di quali colori indossare. Schlein aggiusta il tiro: prima dà la priorità alle battaglie per i diritti civili: ambiente, donne, differenze sessuali, migranti. Poi, fiutata l’aria, sposta la priorità sui diritti sociali: lavoro tutelato, sanità e istruzione pubblica. Scende in piazza con la Cgil di Landini per il salario minimo. Cerca una solida intesa con i cinquestelle di Conte.
Sono mesi di passione. Le sconfitte sono tante nelle elezioni amministrative, l’”estate militante” è un flop. I sondaggi elettorali costituiscono una perenne delusione (il Pd è quotato al 20% mentre Fratelli d’Italia della Meloni è sempre il primo partito con il 30%).
C’è perfino il match Gruber contro Schlein. Il popolo di sinistra è deluso. L’opposizione della segretaria al governo non si fa sentire e non incide. Schlein dopo l’”estate militante” annuncia “un autunno d’impegno”. È sempre aperto il problema di un preciso programma di battaglia e dell’identità politica del partito: liberaldemocratica, socialdemocratica, ambientalista, ecopacifista? A giugno ci sarà il voto per l’Europarlamento: un risultato sotto il 20% dei voti spedirebbe velocemente a casa la segretaria. Bonaccini si tiene pronto e fonda la sua maxi corrente di Energia Popolare.