Ormai in crisi in tutta Europa, la sanità pubblica, universale e gratuita, lascia quotidianamente il passo ai privati. Le lunghissime liste d’attesa dei vari Servizi nazionali di salute sembrano fatte apposta per lasciare spazio a costosi servizi a pagamento offerti da gruppi privati sempre più forti, potenti e aggressivi.
Assistiamo quindi impotenti alla crescita di un enorme business, sostenuto da uno spregiudicato attivismo lobbistico. Per cui ormai è difficile capire fino a che punto dietro zioni di protesta proclamate da alcune sigle sindacali che paralizzano il settore sanitario pubblico non ci sia anche qualche “manina” interessata. Perché bloccare ripetutamente le urgenze ospedaliere o i ricoveri in sala parto, come da mesi accade per esempio in Portogallo, qualche domanda la fa nascere. E così, se l’Inghilterra, 75 anni fa, è stata il modello della sanità pubblica per tutta Europa, Italia compresa, adesso è il piccolo Portogallo che sta diventando il modello della brutale riprivatizzazione della salute.
Era il 5 luglio 1948, quando nel Regno Unito, il ministro laburista della Sanità Aneurin Bevan lanciava, per la prima volta al mondo, un sistema sanitario pubblico finanziato dalle tasse dei cittadini. Vale la pena di ricordare che il Nhs nacque in un Paese distrutto dalla guerra, dove ancora mancava il cibo, e comunque si decise che tutti i cittadini sarebbero stati curati a spese dello Stato, ripagandolo poi in modo indiretto e in proporzione alle proprie possibilità attraverso la dichiarazione dei redditi.
La grande riforma del 1948 rappresentò una rivoluzione. Gli ospedali vennero nazionalizzati, i medici passarono alle dipendenze dello Stato, tutta la gestione e il controllo furono centralizzati. E i risultati apparvero subito straordinari: la spesa pubblica per la sanità fu raddoppiata, mentre il personale crebbe di circa il 50%, con la diminuzione della mortalità e l’aumento della vita media.
Fu con l’arrivo di Margaret Thatcher (al governo dal 1979) che arrivarono i primi cambiamenti sostanziali, attraverso una gestione non più totalmente pubblica del servizio sanitario, che comunque manteneva la sua copertura universale. Ma da quel momento in poi, a furia di tagli alla sanità pubblica, siamo scivolati verso l’attuale sistema misto, con la crescita costante di servizi sanitari a pagamento.
Tra i paesi europei che spendono di più per la sanità privata, c’è (incredibilmente) il Portogallo, fanalino di coda dell’Ue, dove il 60 per cento dei lavoratori è a salario minimo con una paga sotto i mille euro mensili. Per dare un’idea della situazione, bastano le statistiche relative al numero di cittadini che l’anno scorso hanno pagato di tasca propria farmaci e prestazioni sanitarie. In Portogallo il 30,5 per cento della popolazione, contro una media del 15,4 registrata nell’UE.
Infatti sono i numeri che fotografano l’incredibile cambiamento avvenuto nella Sanità in Europa, con in testa il piccolo e povero Portogallo. Come ha documentato una approfondita inchiesta del settimanale Sábado: “L’affare milionario della salute privata” in Portogallo dove i privati sono cresciuti anche nei servizi che un tempo erano un’esclusiva del Servizio nazionale di salute. Tra il 2020 e il 2021, complice il Covid, è poi accaduto l’impensabile: i Pronto soccorso privati hanno triplicato le visite, i ricoveri nelle cliniche private sono aumentati del 70 per cento e gli esami del 500 per cento.
Risultato: i gruppi privati hanno fatturato in un anno (2022) un miliardo e seicentomila euro e adesso scommettono su un futuro sempre più ricco. Aprono cliniche di lusso e investono milioni sul trattamento del cancro e delle malattie più gravi. Che poi sono, ovviamente, quelle più remunerative.