Terrore, sgomento, attrazione. I delitti più sono efferati più generano sentimenti contrastanti. È anche il caso dell’omicidio a Roma di Nicoletta Diotallevi, 59 anni, uccisa e tagliata a pezzi dal fratello Maurizio, 62 anni. Un signore, romano come me, esce dall’edicola di Cala Ginepro in Sardegna con Il Messaggero mentre io sto entrando. Commenta: «È disumano! Come possono accadere cose simili!». Però legge con attenzione la notizia in prima pagina del crudele ed impensabile omicidio: “Orrore a Roma, confessa il fratello. «Fatta a pezzi, mi dava pochi soldi»”. Legge anche il titolo di un secondo articolo in prima pagina: «Un assassinio spietato e maldestro che poteva restare a lungo irrisolto». E poi legge le oltre due pagine interne che il quotidiano della capitale ha dedicato al fattaccio di sangue.
Una ragazza rom, che frugava in un cassonetto dell’immondizia di via Maresciallo Pilsudski, nel quartiere Parioli, in cerca di oggetti da recuperare improvvisamente ha visto spuntare due gambe tra i rifiuti. È svenuta per lo choc. Le due gambe erano quelle di Nicoletta Diotallevi. Il resto del corpo e i vestiti della vittima erano stati gettati dal fratello omicida in altri due cassonetti vicino casa, al Flaminio, un quartiere della buona borghesia romana come i Parioli. Il corpo di Nicoletta sarebbe potuto finire triturato e sparire in qualche discarica, cancellando ogni traccia del delitto e dell’assassino, ma non è andata così.
Il delitto sarebbe avvenuto la sera di lunedì 14 agosto nell’appartamento di via Guido Reni numero 22, la casa a due passi da Ponte Milvio nella quale convivevano i due fratelli per risparmiare sulle spese. Il 15 agosto, il giorno di Ferragosto, Maura Diotallevi, la sorella più giovane, ha denunciato la scomparsa della sorella alla polizia.
Subito sono scattate le indagini. I sospetti immediatamente si sono concentrati su Maurizio Diotallevi, un cognome che invita all’amore divino e umano, che cozza profondamente con lo spaventoso omicidio. Sulle prime il fratello ha respinto ogni accusa, ma poi è crollato dopo otto ore d’interrogatorio svolto dalla polizia. Difficile negare l’evidenza. Ha avuto sfortuna: una videocamera, messa per sorvegliare una società di energia e una banca, l’ha filmato mentre gettava un sacco in un cassonetto di via Pilsudsky. Ha confessato: «Mi trattava come un ragazzino, non la sopportavo più…Sono stato io. Non ne potevo più di lei». Ha raccontato anche i passaggi agghiaccianti del delitto: «Prima l’ho strangolata e poi l’ho fatta a pezzi. Non entrava tutta in un sacco, l’ho dovuta segare. Un sacco l’ho buttato ai Parioli e uno in via Guido Reni». Adesso è imputato per il reato di omicidio premeditato anche perché la sega per tagliare a pezzi la sorella l’aveva comprata poco tempo prima.
Il movente sembra sia il denaro, assieme ai continui litigi per una coabitazione difficile nella casa del padre ufficiale dell’Esercito, in origine proprietà della Difesa e poi riscattata dalla madre prima di morire. I due fratelli vivevano tra molte difficoltà economiche. Gran parte delle entrate venivano dai molteplici lavori della solare Nicoletta: baby sitter, domestica, istruttrice di yoga e di tai chi. Maurizio, consulente di web marketing, guadagnava poco o nulla. Sembra che chiedesse continuamente soldi alla sorella e anche la follia omicida del 14 agosto pare che sia scattata dopo una litigata per ragioni economiche.
Soldi, sesso, potere, risentimenti covati per anni, casualità. C’è di tutto alla base dei più orribili omicidi. Molti feroci assassini sono avvenuti a Roma e proprio nei giorni caldissimi a cavallo di Ferragosto, in una città praticamente vuota per l’esodo delle vacanze estive. A Ferragosto c’è quasi un appuntamento criminale. Celebre è il misterioso delitto Cesaroni. Simonetta Cesaroni, poco più di 20 anni, fu uccisa nell’agosto del 1990 a Roma, in via Poma 2, una strada del quartiere della Vittoria, un’altra zona bene della città eterna. Fu un altro orribile delitto, sembra a sfondo sessuale. La giovane e bella ragazza fu assassinata con quasi 30 colpi di un’arma affilata (sembra un tagliacarte) nel pomeriggio del 7 agosto 1990, nello studio commerciale deserto in cui lavorava come segretaria. Gli furono sottratti i vestiti, gli slip e i pochi gioielli d’oro che indossava. Quasi trent’anni di indagini, tre processi a tre presunti colpevoli poi assolti. L’assassino non è mai stato trovato, il caso è rimasto irrisolto.
L’omicidio di questo Ferragosto, invece, fortunatamente è stato risolto in tempi rapidissimi. È un delitto orribile, che lascia sgomenti per la dinamica crudele e perché la follia omicida si è scatenata da un fratello verso la sorella. Comunque Roma non è nuova a simili efferatezze. Romolo uccise il fratello Remo per formalizzare il suo potere sulla città eterna appena fondata.