Aldo Moro, Barbara Balzerani, Ezio Tarantelli. Squilla il telefonino: «Hai letto l’intervista del Giornale a Luca Tarantelli?». Al telefono è un mio caro amico, un giornalista fuoriclasse, lavorò con me all’Avanti! Le sue parole mi scoppiano nella testa come pallottole: «Ricordi la riunione di redazione al giornale sull’omicidio Tarantelli?».
Resto stordito. Non ho letto l’intervista a Luca Tarantelli ma rammento perfettamente quella drammatica riunione nella redazione all’Avanti! in via Tomacelli a Roma: era la mattina del 27 marzo 1985, in una splendida giornata di sole le Brigate Rosse assassinarono il professor Ezio Tarantelli. Era un mio caro amico, responsabile del centro studi della Cisl, il geniale economista inventore del Patto anti inflazione.
Moro, Balzerani, Tarantelli. Questi nomi mi giravano già nella testa appena letta la notizia della morte per malattia lo scorso 4 marzo di Barbara Balzerani, uno dei capi storici delle BR, componente del commando terrorista che nel 1978 rapì Aldo Moro e uccise la sua scorta, condannata per “apologia di reato” nell’omicidio di Ezio Tarantelli. Una terrorista mai pentita per i delitti e il sangue versato in nome della rivoluzione mai arrivata.
Il figlio di Tarantelli parla di Donatella Di Cesare: «Dovrebbe essere radiata». La professoressa di filosofia teoretica appena saputo della morte di Balzerani ha scritto in un tweet da brividi subito rimosso: «La tua rivoluzione è stata anche la mia». Un commento incredibile, formulato da una docente dell’Università La Sapienza di Roma, la stessa nella quale insegnava economia politica Ezio Tarantelli, la stessa nella quale fu ucciso dalle Brigate Rosse appena terminata una lezione il 27 marzo 1985. Ezio aveva 43 anni, Luca 13.
Gli intellettuali che fiancheggiavano i terroristi rossi nelle università, nelle case editrici, nei giornali, i cosiddetti “cattivi maestri”, sembravano spariti. Invece non è così. Luca Tarantelli parla di Donatella Di Cesare, della rimozione del nome del padre dalla memoria storica della sinistra. Il Pd? L’ha «dimenticato, purtroppo», dice il figlio. Precisa: nel pantheon del Pd «ci sono varie figure, e io non vedo la sua».
Un grande riformista è facile che sia attaccato o dimenticato dai gruppi della sinistra antagonista. Ma come mai è scordato anche da un partito riformista come il Partito Democratico? Probabilmente il motivo è antico: pesano gli errori nel bagaglio culturale e politico del Pci-Pds-Ds-Pd. Enrico Berlinguer attaccò il Patto anti inflazione elaborato da Ezio Tarantelli e firmato dal governo Craxi con Pierre Carniti (Cisl), Giorgio Benvenuto (Uil), Ottaviano Del Turco (socialisti Cgil). Luciano Lama sembrò che stesse per firmare, ma il segretario del Pci lo bloccò. Quando l’intesa fu accolta nel “decreto di San Valentino” da Bettino Craxi, Berlinguer decise un referendum. Scoppiò uno scontro furibondo a sinistra, in particolare tra Pci e Psi ma il referendum del 9-10 giugno 1985 fu vinto dai riformisti e l’inflazione selvaggia italiana fu battuta salvaguardando economia, salari e occupazione.
Ezio era un convinto riformista, coraggioso, sapeva di rischiare. Soprattutto i riformisti erano nel mirino delle Br perché considerati i nemici più pericolosi, quelli in grado di convincere la classe operaia e le masse della possibilità di cambiare democraticamente il sistema capitalista.
La democrazia e l’uguaglianza erano le bussole di Ezio Tarantelli. Mi diceva: «È inammissibile che gli evasori navighino sugli yacht e dei lavoratori non riescano ad arrivare a fine mese». Varato il Patto anti inflazione propose lo Scudo europeo contro la disoccupazione da realizzare con il debito comune. Un’altra geniale idea di protezione sociale e di sviluppo. Ma fu ucciso con una mitraglietta Skorpion all’Università La Sapienza.