La prostituzione ha una storia lunghissima, attraversa i millenni. Coinvolgeva e coinvolge donne povere e sfruttate nel bordello ma alle volte anche ricche e potenti “cortigiane”. Maria Luisa Berti racconta la tormentata vicenda delle “lucciole”.
Nella Roma medioevale, dove molti erano i nobili e gli ecclesiastici, le prostitute erano dette “curiali” perché garantivano il celibato a chi voleva entrare a far parte della Curia. La città prolificava di meretrici. Quelle che si prostituivano in luoghi bui erano dette “da lume” o “da candela” mentre quelle che si lasciavano intravedere dietro le finestre o le persiane (gelosie) erano chiamate “da gelosia” o “da impannata”. Le “cortigiane domenicali” esercitavano solo di domenica. Le prostitute più povere si trovavano in Campo de’ Fiori, vicino a Ponte Sisto, o in Vicolo Calabrache (poi Vicolo Cellini) dove le spagnole e le ebree convertite venivano chiamate “cortigiane gialle” o “camisare” perché vestivano una camicia gialla. Dopo essere state relegate nella zona di Trastevere, le prostitute furono rinchiuse da Papa Giulio II negli “ortacci”, un vero e proprio ghetto chiuso, posto vicino al Mausoleo di Augusto.
Verso la fine del ‘500 le meretrici in Roma erano circa 7000. Risse e disordini erano continui e spesso a causa delle prostitute che a volte venivano fustigate o rimandate nella città d’origine. Nei cataloghi pubblici era annotato il prezzo delle loro prestazioni e il Tribunale Curiale rilasciava le licenze ai bordelli e riscuoteva le tasse in cambio della tutela del governo. Vi erano le “cortigiane oneste” colte e raffinate, che conoscevano il latino, sapevano suonare strumenti musicali, componevano e recitavano poesie. Astute e intelligenti, potevano scegliersi i clienti e riuscivano a diventare ricche perché si facevano pagare profumatamente. Furono molto apprezzate nelle corti rinascimentali e anche papali. Le cortigiane venivano sepolte nella Chiesa di Sant’Agostino mentre alle prostitute di basso rango era destinata la terra sconsacrata presso il Muro Torto.
A Milano la prima “passeggiatrice” di cui si ha notizia risale al 1176, quando la città era assediata da Federico Barbarossa. Ella poteva passeggiare liberamente dall’interno delle mura all’accampamento tedesco. In una di queste passeggiate, sollevando la veste e mostrando le sue nudità, creò un diversivo per distrarre i nemici, e permise ai cavalieri milanesi di uscire, sconfiggere il nemico e procurarsi le vettovaglie con cui rifornire gli assediati. A ricordo dell’evento pare fosse stato posto un bassorilievo a Porta Tosa, poi Porta Castello, che nel 1570 fu fatto rimuovere dall’Arcivescovo Carlo Borromeo, ritenendolo osceno perché la donna ritratta mostra il pube depilato. L’usanza di depilarsi il pube, pare di origine celtica, veniva imposta alle donne accusate di adulterio e alle prostitute, pare per scacciare il malocchio. Probabilmente proprio a Porta Tosa si praticava il meretricio.
Solo dal XIV secolo si hanno notizie sui bordelli milanesi, da quando Gian Galeazzo Visconti impose alle prostitute di stare in tre case, situate nel Castelletto, nell’attuale Piazza Beccaria, le quali non dovevano avere porte, balconi e finestre sulla pubblica piazza e avevano l’obbligo di tenere sempre le imposte chiuse. La prima di queste case era tenuta da Elisabetta, la seconda da Lita e Paneria, la terza fu data in affitto a Guglielminetta Flamminga. Le prostitute dovevano indossare una mantella gialla, da cui l’appellativo di donn del scial o del vel giald, ed erano tenute a pagare una tassa sui loro guadagni. Per volere del Borromeo il Castelletto fu venduto e divenne il carcere cittadino, costringendo i bordelli e le prostitute a trasferirsi nelle vie del centro.
Nei secoli seguenti bordelli e prostituzione continuarono a prosperare in Italia come nel resto del mondo se pur con modalità diverse.
Attualmente in sette paesi europei (Olanda, Germania, Austria, Svizzera, Grecia, Ungheria, Lettonia) la prostituzione è legale ma con l’imposizione di tasse, di luoghi precisi e di controlli sanitari.
Nel 1958 in Italia la Legge Merlin ha decretato la chiusura dei bordelli e il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Comunque ancora oggi, nella nostra società, la prostituzione è assai diffusa e lo sfruttamento delle donne africane e orientali a tal fine è prevalentemente in mano agli uomini così come sono gli uomini ad usufruirne.
Prostitute per strade o nelle case chiuse, cortigiane (le odierne escort) hanno caratterizzato le società umane nell’arco di secoli fin dalle più antiche civiltà e nessun uomo, di Chiesa e non, dovrebbe mancare loro di rispetto.
Terzo articolo – Fine