Il Canale Navile non fu costruito per caso. Nel Medioevo Bologna aveva il problema di arrivare al Mare Adriatico per importare materiali ed esportare prodotti agricoli e manufatti. La via d’acqua ebbe un ruolo economico fondamentale fino al 1948 quando le strade e i treni lo misero fuori mercato. Maria Luisa Berti ricostruisce la storia del Canale Navile.
I volontari del Navile, che si occupano di ripulire il canale e di mantenere viva e pulita la zona, riportano su Fb i ricordi di un passato lontano ma ricco di esperienze. «Il Battiferro, così era chiamato in quanto lì esisteva un laboratorio (una magona) per la lavorazione dei metalli e la forza delle acque del Navile consentiva di far muovere i magli di grandi dimensioni che non esistevano in altri luoghi per battere e sagomare il metallo…Fin dal Medioevo era luogo in cui coesistevano opifici e quella magona di cui vi abbiamo detto, in cui si lavoravano ferro e rame per farne oggetti di grandi dimensioni. I fabbri del circondario lo utilizzavano per le dimensioni del maglio, molto grande. In quel luogo c’era un piccolo convento di frati Cappuccini che lavoravano un tessuto molto usato, il bigello (dal colore, “bigio”) e da cui nacque l’Arte dei Bigellieri. Oggi alcune cose non ci sono più, altre sono state recuperate in qualche modo, altre sono state abbandonate e versano in pessime condizioni».
Dopo il sostegno del Grassi, Canalazzo e Fossetta si riuniscono al Ponte della Bionda, l’unico ponte a schiena d’asino del territorio bolognese. Prima della costruzione del ponte, i cavalli o i buoi trainanti le barche, dovevano attraversare il Canalazzo, forse proprio passando sopra le barche, operazione lunga e scomoda a cui si ovviò con la costruzione di un ponte. Si chiamava Ponte Nuovo prima che una signora dalla chioma “fulva” ivi sostasse alla ricerca di eventuali clienti. La zona attorno al canale era molto trafficata perché, oltre alle varie attività lavorative, c’erano osterie, posti di sosta e d cambio dei cavalli.
L’ultimo sostegno in territorio bolognese è quello di Corticella, costruito dal Vignola nel 1548, insieme al porto omonimo. Vicino al sostegno, in un bacino d’acqua detto il Pelago, alimentato da una derivazione del canale, sostavano i barconi provenienti dal Po e da Venezia. Qui la merce veniva scaricata dai barconi e trasportata dentro barche più piccole che risalivano verso Bologna usando i sostegni per superare i dislivelli. Non sempre conveniva pagare il pedaggio per cui le merci venivano trasportate sui cavalli o sui buoi o a spalla. Il sostegno di Corticella fu l’ultimo attracco portuale fino agli anni ‘40 del Novecento.
Tramite le barche che partivano dal Porto Navile in città, Bologna esportava il gesso (la ripa del gesso era accanto alla darsena), sete lavorate, tra cui i veli lisci e crespi, cordami di canapa, il riso dalla bassa pianura. E al porto arrivavano da Cervia e Cesenatico il sale, custodito nei magazzini della Salara, canne palustri e pesce dell’Adriatico; vari materiali da costruzione come i marmi di Verona e di Carrara. I viaggiatori venivano trasportati sui bucentori e sui burchielli, coperti da un tetto ricurvo. Durante il viaggio piuttosto lungo (solo da Bologna a Malalbergo occorrevano undici ore) i passeggeri potevano mangiare sulla barca oppure servirsi delle locande durante il percorso, come nell’antica osteria del Sostegno Torreggiani.
Ma si servirono del Navile anche personaggi illustri, come il Papa Giulio II che nel 1507, anno della distruzione della Domus Aurea dei Bentivoglio e della loro cacciata dalla città, usò il Navile per recarsi a caccia in quel di Bentivoglio, nella tenuta che Giovanni II Bentivoglio si era fatto costruire. Sfarzosi cortei transitavano sul Navile come in occasione del matrimonio di Lucrezia Borgia che, accompagnata da Isabella Gonzaga e dai Bentivoglio, si imbarcò a Malalbergo per raggiungere Ferrara e il futuro marito, Alfonso d’Este.
La zona attorno al canale era piena di vita. Il Navile alimentava vari opifici: tra cui una pila da riso, una cartiera, la magona del Battiferro, un macero per la canapa e varie fornaci, tra cui la Fornace Gallotti del Battiferro, recentemente ristrutturata, che ospita il Museo del Patrimonio Industriale. Ogni sostegno aveva un manovratore, il sostegnarolo, addetto all’apertura e alla chiusura della chiusa, che ivi abitava con la famiglia.
Secondo articolo – Segue