“Sono nata nel 1935
nel Canale Navile,
cucino alla bolognese”

Il Canale Navile non fu costruito per caso. Nel Medioevo Bologna aveva il problema di arrivare al Mare Adriatico per importare materiali ed esportare prodotti agricoli e manufatti. La via d’acqua ebbe un ruolo economico fondamentale fino al 1948 quando le strade e i treni lo misero fuori mercato. Maria Luisa Berti ricostruisce la storia del Canale Navile.

Grassi, Sostegno Grassi, una della chiuse del Canale Navile di Bologna

Sostegno Grassi, una delle chiuse del Canale Navile di Bologna

Tra i tanti ricordi mi piace riportare quelli di una signora, che ora non c’è più e che è stata intervistata dai Volontari del Navile. «Mi chiamo Luisa M. e sono nata il 28 marzo del 1935. Sono nata un mercoledì, praticamente dentro il canale e ho trascorso la mia infanzia nella Casa di Manovra del Sostegno Grassi. Sono nata “quasi nel canale”, dicevo, perché la mamma stava sciacquando i panni, come si faceva al tempo, quando sono arrivate le doglie! Era lì, a lavare panni, nonostante fosse marzo e fosse a termine gravidanza, immersa nelle acque del Canale. Per fortuna il canale era vicinissimo a casa ed è finito tutto bene. Da allora sono sempre stata coccolata, un po’ per questa nascita particolare e un po’ perché ero l’unica femmina di casa, dal momento che di bambine non ce n’erano altre. Forse anche per questo ho imparato a cucinare che ero piccolissima, con insegnamenti della mamma e della zia. Si cucinavano tutti i piatti e le ricette di una volta, della tradizione culinaria bolognese; la domenica la pentola con la gallina dentro, ovviamente quando c’era, poi si faceva la sfoglia. Spesso, per impastarla, occorreva aggiungere acqua perché le uova erano poche. E infine, se e quando era possibile, un po’ di carne lessata».

Sostegno Corticella

«La salsa di accompagnamento era fatta con molte verdure e prezzemolo, comodo economico e saporito, dal momento che avevamo l’orto vicino alla casa. Avere la possibilità di fare l’orto, unita alla presenza di alberi da frutta, era una grande fortuna per la famiglia. Le verdure dell’orto e tanta frutta riempivano sempre la tavola e non si soffriva la fame. Dal canale e sul canale si ricavava anche il cibo. Sul canale avevamo ogni specie di animali: maiale, conigli, galline, anatre, piccioni, anche i colombini bianchi col ciuffo che erano la passione di mio padre. Dal canale invece si catturavano rane, prese nelle posizioni prima della convergenza con il Canalazzo, quindi prima del Ponte della Bionda. Questo perché nel Canalazzo c’era acqua nera sporca dei residui della centrale elettrica e della pilatura del riso. C’erano anche molti pesci da pescare, i rossi li tenevamo per bellezza, e venivano cucinati fritti. L’olio era poco, era un lusso e allora friggevamo con lo strutto, ricavato dal maiale, che ci dava le risorse per tutto l’anno… un po’ di salame e un po’ prosciutto oltre allo strutto stesso. E con questi cibi siamo cresciuti e arrivati a questa età, in barba a tutte le diete di oggi! … Erano i tempi della tessera annonaria. I bimbi avevano diritto a mezz’etto di pane e gli uomini che lavoravano a un etto. Troppo poco per campare. E allora si integrava andando a spigolare il grano che rimaneva dai covoni tagliati dai contadini. La mamma portava le spighe alla trebbiatrice e i chicchi di grano ricavato veniva portato al mulino a macinare. Riportato a casa si setacciava per separare la farina dalla crusca e poi, una volta a settimana, si faceva il pane…. Quando il pastore passava con il gregge, le pecore che erano vicino al filo spinato perdevano ciuffi di lana. Noi andavamo a raccoglierla, e, dopo lavata perché puzzava tremendamente, la mamma la filava e ci faceva le maglie. Erano maglie che pizzicavano un po’, ma tenevano tanto caldo all’inverno».

Ponte Corticella

Nel 1948 finisce la navigazione sul Canale Navile e vengono dismessi i 54 barconi che potevano trasportare fino a 100 quintali di merci per 300 lire di pedaggio. Le strade e le ferrovie risultarono più veloci e meno dispendiose, così il Canale divenne un luogo di svago per i bolognesi: gite in barca, oppure a piedi e in bicicletta lungo la restara, il sentiero tra le due ramificazioni del canale su cui anticamente andavano buoi e cavalli quando trascinavano le barche Una meta ambita era il Parco delle Fonti di Corticella, dove esisteva una sorgente solforosa che, analizzata da un certo Minelli (1829), diventò una fonte termale con tanto di stabilimento. Nel parco c’erano capanni turistici, pergolati, uno chalet con bar dove si serviva l’acqua minerale da tavola della fonte termale.

Sono sorte varie associazioni per il recupero del Navile. Tra queste L’associazione I Colori del Navile ha lo scopo di migliorare la qualità della vita del quartiere. I valori principali cui tende sono l’intercultura e l’integrazione. L’associazione culturale Il Ponte della Bionda, che è stata fondata per il restauro del ponte, intende valorizzare e salvaguardare la zona, favorire momenti di incontro con attività ludico-culturali. Si è formata perciò La Compagnia del Ponte della Bionda che scrive, produce, mette in scena i propri lavori. Ma l’intento principale da parte del Quartiere e del Comune è quello di poter rendere navigabile il canale. I ricordi sono tanti e ancora vivi.

Sostegno Battiferro

«Non è vero che l’acqua c’era sempre e in grande quantità. Nella secca, durante l’estate, noi bambini andavamo sul fondo del Canale a recuperare i fucili, buttati là dentro dai Partigiani durante la guerra. Ho chiaro anche il ricordo del tiro al piccione. I bersagli, i piccioni, volavano via dalla Villa Angeletti e noi correvamo a raccogliere i piccioni feriti che venivano a morire nel prato della villa…. Ricordo anche che si andava a prendere le canne che crescevano numerose sulla riva del canale e noi le usavamo, mettendole fra le gambe, per fare il cavallo nella nostra fantasia di bambini senza giocattoli. … Lì ho imparato a nuotare. C’era anche un macero, o forse era una vasca di decantazione, come dice l’amico Chicchi, nella quale lavavano i mattoni e l’acqua era fangosissima. Si sarebbe potuto fare i “fanghi”! Quella vasca era piena di bisce. Nelle cave nuotavamo alla coniglietta e si andava a fare il bagno con le mutande. Però, prima di andare a casa si buttavano via dal tanto che erano sporche e, per evitare le domande della mamma, avevamo pronta la scusa/ bugia” Sai mamma, si erano rotte”! … Le famiglie non volevano assolutamente che si andasse a fare il bagno nel Canale. C’era il rischio di annegare perché erano posti pericolosi. Quando mio padre ci veniva a cercare perché non ci vedeva intorno a casa o nei soliti posti e ci trovava alla bora, il laghetto della cava di argilla, erano cinghiate e la sera stavi senza cena».

Terzo articolo – Fine