Armi sospese, Biden
avverte Netanyahu

«Hamas ama Biden». Questo il tweet del ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir mentre commentava la sospensione di armi al suo Paese da parte di Joe Biden. Per le sue parole fuori dalle righe, Ben Gvir è stato criticato da vertici del governo israeliano incluso il presidente Isaac Herzog, preoccupati da possibili effetti negativi nei rapporti con gli Stati Uniti.

Itamar Ben Gvir

Biden aveva annunciato in un’intervista alla Cnn che se gli israeliani invaderanno Rafah, le armi promesse verranno sospese. In effetti, Biden dopo mesi passati a mettere pressioni sul primo ministro Benjamin Netanyahu per limitare le morti di civili a Gaza, ha capito che bisognava andare oltre le parole. L’invasione di Rafah è stata una linea rossa che il presidente americano ha intimato di non oltrepassare.

La sospensione consiste di 3500 bombe da 225 a 900 chilogrammi, usate da Israele principalmente nel nord di Gaza. Un’analisi del New York Times ha determinato che questo tipo di bombe ha causato i danni più gravi ai civili palestinesi. Si tratta di armi che erano già state approvate dal Congresso. Mitch McConnell, leader della minoranza repubblicana al Senato, e Mike Johnson, speaker della Camera, hanno scritto una lettera a Biden sollecitandolo a inviare le armi. Non sorprende dunque che alcuni legislatori repubblicani di ultra destra abbiano aspramente criticato Biden di avere commesso un atto illegale e subito subito si sono alzate voci di impeachment. Si tratterebbe di una situazione simile a quella di Donald Trump quando nel 2019 temporeggiò sulle armi dovute all’Ucraina. La situazione però è diversa poiché in quel caso l’allora presidente chiese un favore al neoeletto presidente Vladimir Zelensky. L’inquilino della Casa Bianca voleva che il presidente ucraino annunciasse un’inchiesta sul suo avversario per corruzione. Un quid pro quo che condusse al primo impeachment del 45esimo presidente.

Bombe, Benjamin Netanyahu e Joe Biden

Benjamin Netanyahu e Joe Biden

L’azione di Biden è diversa. Si tratta di incoraggiare Netanyahu a non invadere Rafah poiché causerebbe moltissime morti civili. Quindi Biden non ha chiesto nessun favore che lo beneficiasse a una vittoria elettorale come aveva fatto Trump. Molto semplicemente Biden ha perso la pazienza con il primo ministro israeliano e voleva mandare un segnale chiarissimo che le armi americane devono essere usate con criteri che rispecchiano valori umani. Biden aveva espresso in moltissime occasioni le sue preoccupazioni per le eccessive morti di civili nel conflitto in Gaza. Oltre ai 1200 israeliani morti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre, si calcola che più di 34 mila palestinesi hanno perso la vita, buona parte di loro donne e bambini.

Se i repubblicani hanno attaccato la decisione di Biden l’ala progressista del Partito Democratico ha applaudito la mossa. Il senatore progressista del Vermont Bernie Sanders, di religione ebraica, ha dichiarato che «Gli Stati Uniti non possono pregare Netanyahu di fermare i bombardamenti di civili un giorno e subito dopo inviargli migliaia di bombe di mille chilogrammi che possono radere al suolo parecchi isolati di una città». Il senatore Chris Van Hollen del Maryland e membro della Commissione agli affari esteri ha lodato la mossa di Biden, reiterando che Netanyahu ha ignorato i consigli del presidente. Van Hollen ha dichiarato alla Public Broadcasting System (Pbs) che il supporto americano per Israele non consiste in un assegno in bianco. Le armi, ha continuato Van Hollen, devono essere usate in modo consistente con i valori del popolo americano.

Alcuni analisti hanno sottolineato che l’evidente frattura tra Biden e Netanyahu potrebbe essere vista nel Medio Oriente come supporto per Hamas e altri nemici di Israele come l’Iran. Potrebbe incoraggiare Hamas a non negoziare con il rilascio degli ostaggi ma al momento sembra che i riluttanti ai negoziati di cessate il fuoco siano proprio gli israeliani. La minaccia di Netanyahu di un’invasione di Rafah sarebbe seriamente contemplata. In caso contrario Netanyahu darebbe l’impressione di cedere alle pressioni di Biden.

Chris Van Hollen

Il primo ministro israeliano però continua ad esprimere una politica durissima asserendo che con o senza le armi americane lui difenderà il suo Paese. In realtà, come si è visto, nonostante la sua linea estremista, si è rivelato incapace di evitare i disastrosi attacchi di Hamas il 7 ottobre scorso. Continuare a seguire la linea dura nonostante le frequenti manifestazioni in tutto il mondo, incluso Israele, invece di negoziare seriamente con Hamas e portare in salvo gli ostaggi, fa il suo gioco di sopravvivenza. Una volta arrivata la pace il futuro politico di Netanyahu è ovviamente poco promettente.

Ad aggiungere ai problemi di Netanyahu il rapporto del Dipartimento di Stato, richiesto da Biden, suggerisce che Israele abbia usato armi fornite dagli Usa in maniera “inconsistente” con leggi umanitarie internazionali. Il rapporto denominato National Security Memorandum N. 20 inviato al Congresso non raggiunge la conclusione che Israele abbia violato la legge perché non ha tutte le informazioni necessarie per verificare in dettaglio l’uso completo delle armi fornite.

La sospensione di armi di Biden fa pensare a una responsabilità implicita statunitense per il numero di morti in Gaza. Allo stesso tempo manifesta una possibile apertura ai Paesi arabi suggerendo che l’America, nonostante il suo supporto per Israele, con Biden riconosce il bisogno per il cessate il fuoco e sarebbe pronto a pressare Israele in maniera più vigorosa per intraprendere negoziati produttivi.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.