Per i partiti torniamo
al finanziamento pubblico

Il finanziamento pubblico ai partiti così come la rappresentanza e quindi la legge elettorale sono da troppi anni due temi inevasi del dibattito che inerisce la politica e la gestione del potere, ed hanno pesanti ricadute sulla agibilità democratica ed il buon funzionamento del nostro Paese.

Vicenda Toti, Giovanni Toti

Giovanni Toti

La vicenda Toti scoperchia definitivamente il vaso di Pandora per la tempistica e la violenza con cui è deflagrata e ci fa riflettere a fondo sulle tentazioni dell’uso politico della giustizia e anche sulla divisione dei poteri che dovrebbe stare alla base del nostro ordinamento e a garanzia della nostra Costituzione.

I soldi li hanno presi tutti – destra, centro e sinistra – ma scusate e perché non avrebbero dovuto, visto che è stato abrogato il finanziamento pubblico ai partiti e visto che cercare finanziamenti per la propria attività politica dovrebbe essere diventato lecito, altrimenti come si sostengono oggi le organizzazioni che stanno alla base della nostra democrazia e attraverso le quali è possibile candidarsi o votare un candidato cioè esercitare il diritto di voto? O dobbiamo pensare che ci sia qualcuno che vuole uccidere anche l’agibilità democratica? Cosa c’è dietro alla violenza di questi attacchi? Il desiderio di destabilizzare il sistema tout court o la voglia di uno schieramento ormai privo di idee e di identità di arrivare al governo della regione attraverso i tribunali e la stampa e non attraverso le urne?

Per la Liguria guarda caso già si sta scaldando in panchina l’ex ministro della Giustizia Orlando, pronto a sostituire Toti sull’onda emotiva della trasparenza e della anti corruzione che questo arresto ha provocato. Ma chi l’ha detto che Toti sia colpevole? E se anche lo fosse, dovrebbe pagare a titolo individuale e non arrecare nocumento ai partiti della coalizione che oggi sostengono il governo, imbarazzo al ministro delle Infrastrutture Salvini e quindi alla Lega e indirettamente fastidio anche a Forza Italia che non è più il suo partito da tempo, ma nell’immaginario collettivo ce la ricordiamo ancora tutti l’immagine del Toti-barelliere tutto vestito di bianco a fianco di un Silvio Berlusconi sorridente.

Andrea Orlando

Toti è innocente fino a prova a contraria, cioè fino a quando tre gradi di giudizio non avranno stabilito la sua colpevolezza, ma nel frattempo Toti è già stato condannato dai giornali della sinistra per corruzione e voto di scambio, e questi articoli gratis valgono più di mille passaggi di spot tv durante la campagna elettorale. Che senso ha tutto ciò? L’Italia è ancora il Paese della doppia morale, del doppio forno, della doppia faccia, della domenica mattina a messa in chiesa con la moglie e la domenica pomeriggio sopra al letto con l’amante?

Tocca pensare di sì, se nessuno ha il coraggio, anziché di fingersi scandalizzato semplicemente per il fatto che non è ancora stato beccato col sorcio in bocca, di denunciare che il re è nudo, che tocca tornare al finanziamento pubblico ai partiti magari stabilendo regole più lineari che favoriscano tutti alla stessa maniera e non penalizzino i partiti di opposizione o i partiti che si affacciano per la prima volta alla competizione elettorale come di fatto sta già avvenendo con la spada di Damocle della raccolta delle firme che agevola chi già ha rappresentanti in Parlamento e penalizza qualcun altro che ancora non ne ha.

Così si combatterebbero le tentazioni sia di raccogliere soldi a sproposito sia da parte della magistratura di sanzionare preventivamente e indebitamente, magari a uso politico, legittime raccolte di fondi a partiti o fondazioni vicine ai partiti e di farlo in maniera del tutto arbitraria. Se si ripristina …