Bologna è detta la turrita per la presenza di tante torri che, secondo Giovanni Gozzadini, nel XII e XIII secolo dovevano essere 180. Studi più recenti parlano di un centinaio di torri. Ce ne restano ventotto, tra cui tredici case-torri ad uso abitativo e quattro torresotti della cerchia muraria del Mille. Molte torri sono tuttora visibili, alcune invece sono inglobate in altri edifici.
La Torre Galluzzi ha la base a scarpa di oltre tre metri, rivestita da undici strati di parallelepipedi di selenite, è larga 9,20 metri per ogni lato ed ha muri dello spessore di 3,13 metri con pareti di mattoni grosse 0,45 metri, riempite di ciottoli e calce. Tali dimensioni fanno pensare che la torre originaria fosse più alta rispetto ai 30 metri odierni.
La porta attuale è recente, mentre quella originaria si trova a circa 10 metri di altezza e doveva essere collegata tramite un ballatoio alla casa di legno adiacente che fungeva da abitazione. Lo si deduce dalla presenza dei fori di ballatoio a lato della porta e dalla soglia della stessa che presenta usura da calpestio.
La costruzione di una torre era assai dispendiosa anche se vi venivano impiegati, come manodopera, i servi della gleba. I lavori potevano durare una decina di anni. Per edificare una torre si iniziava con uno scavo quadrato di circa 15 metri per lato e profondo tra i cinque e i dieci metri, poi le fondamenta erano consolidate da pali di ontano e rovere, detti agucchie (da cui il nome della famiglia Agucchi), piantati nel terreno e ricoperti di sassi e calce. La base era formata da grandi blocchi di selenite, una particolare varietà di gesso cristallino molto diffuso nei pressi di Bologna, su cui venivano costruiti muri sempre più sottili verso l’alto, realizzati con la tecnica della muratura a sacco, già conosciuta dai Romani.
Tale tecnica consisteva nella costruzione di due muri paralleli di mattoni, un muro esterno ed uno interno più sottile collegati tra loro da dei muretti, che formavano cassoni in cui venivano posti sassi, pietre e malta. Man mano che si innalzava la costruzione, i muri diventavano più sottili e la torre si restringeva verso l’alto, attraverso vari livelli di rastrematura, per garantirne la solidità.
Per costruire tale muratura venivano innalzati ponteggi con travi di legno: sulla facciata delle torri, infatti, sono ancora visibili i “fori da ponte” per il ponteggio e quelli da “ballatoio” che servivano per sostenere i ballatoi, cioè le terrazze in legno usate per collegare la torre alla residenza della famiglia e per controllare il territorio o contrastare l’avanzata dei nemici. Dai ballatoi, infatti, e dalle altre aperture della torre venivano lanciati sui nemici dardi, pietre, pece, olio e acqua bollenti.
L’arma più micidiale era la balestra che fu messa al bando in tutta la cristianità dal Concilio Laterano II nel 1139, e la si poteva usare solo contro gli infedeli. Le porte di accesso erano strette e di solito poste più in alto rispetto al piano stradale in quanto meno accessibili ai nemici. Erano caratterizzate da una soglia e da un architrave in selenite, sormontata da un arco a tutto tondo o ad ogiva. Era proibito abitare le torri oltre i 15 ponti (circa 18 metri) e fino a quell’altezza non si potevano costruire scale fisse. Fino al Cinquecento sorgevano banchi addossati alle torri e ai portici antistanti che venivano affittati ad artigiani e commercianti. È ancora oggi visibile alla base della Torre Alberigi, in Via Santo Stefano n.4, una bottega medioevale con serraglio in legno a forma di ribalta, la più antica di Bologna, risalente al 1273.
Con l’avvento del dominio papale, le torri persero di importanza, non ne furono più costruite e le esistenti furono mozzate, abbattute, inglobate in altre costruzioni, adibite ad altri usi: carceri, negozi… altre divennero sedi di organizzazioni civiche o ecclesiastiche.
Terzo articolo – Fine