A volte non siamo consapevoli che i nostri comportamenti, più che violare norme e consuetudini, sono contrari al comune senso del ridicolo. Incorriamo in questo vulnus soprattutto quando siamo atterriti dalla paura di sbagliare e di essere per questo derisi e compatiti.
In questi casi, se non siamo capaci di porre un freno alle nostre paure emotive e di agire con intelligenza ed equilibrio, decidiamo di essere autoritari e persino dogmatici, dando così vita ad azioni talmente bizzarre, stravaganti e grottesche da farci apparire nella nostra vera luce e tali da suscitare negli altri una vera e propria ilarità e finanche dei sorrisi di compassione.
Recentemente, ad esempio, mi è capitato di leggere il “dictum” di un capetto di un’associazione storica che, non sapendo più che “pesci prendere” ed essendo ormai in stato confusionale perché consapevole di essere inadatto e incapace al ruolo, ha vietato ai propri associati di essere iscritti e di partecipare ad altre associazioni.
Questo moderno satrapo, che non conosce il principio naturale della Libertà e neppure quello costituzionale della libertà di associazione, non ha violato solo una norma fondamentale (questa è materia riservata al giudice) ma ha oltrepassato, a suo danno, il limite del ridicolo, dimostrando di non conoscerne il senso più chiaro e anche quello più recondito. Il risultato che ha raggiunto è questo: si è reso ridicolo agli occhi dei suoi associati e di coloro che conoscono o si interessano alla vita di quella associazione.
L’insegnamento da trarre da siffatti comportamenti è questo: l’uomo può recuperare i propri errori e, ravvedendosi, può anche riuscire ad emendarsi da essi. Ma dal superamento del limite del ridicolo il più delle volte non riesce a venirne fuori e da quel momento egli stesso, con un’azione di chiara impronta suicida, si consegna agli altri come l’incarnazione di uno spaccone qualsiasi che non merita alcuna stima ma solo misera considerazione.
Stiamo sempre dunque attenti ad avere ben presente il senso del ridicolo ed a non oltrepassarne il limite. Ne va della nostra dignità, che, una volta persa, è perduta per sempre.