Alla ricerca disperata di lettori e spettatori, giornali e telegiornali si tuffano nel sensazionalismo con una cronaca nera fatta di sospetti, illazioni, allusioni, ipotesi tanto suggestive quanto infondate.
Le indagini sull’assassinio di Sharon Verzeni, appena concluse dopo un mese di fake news con il fermo di un reo confesso, hanno dato vita a un caso esemplare. Perché la 33enne bergamasca, accoltellata da uno sconosciuto la notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi mentre faceva jogging a due passi da casa, è stata oggetto di un lungo e implacabile sciacallaggio mediatico.
Favorita dalla mancanza di immagini, testimoni, indizi e perfino dell’arma del delitto, la macchina del fango si mette subito in moto senza ostacoli. Primo spunto l’ora tarda (dopo mezzanotte) in cui Sharon viene aggredita in strada a Terno d’Isola e accoltellata mentre cammina a due passi dalla casa dove vive con il compagno Sergio Ruocco, idraulico di 37 anni.
Camminare dopo cena – spiegano in famiglia – era un’abitudine che aveva preso su consiglio del dietologo, per dimagrire in vista del matrimonio. Ma questo non ferma gli sciacalli che avanzano sospetti nemmeno troppo velati sulla “vera ragione” che avrebbe spinto la donna a uscire di casa da sola e in piena notte. Forse per incontrare un amante? E, visto che la zona è ritrovo abituale di pusher, non potrebbe essere andata a cercare droga?
Poi c’è il capitolo Scientology. Una manna per chi vuole rimestare nel fango, perché gli inquirenti hanno scoperto che Sharon aveva fatto alcuni versamenti su un conto corrente del discusso movimento religioso. Piccole cifre. E, in ogni caso, non è emersa una correlazione tra l’interesse di Sharon per Scientology e la sua tragica morte.
Intanto il processo mediatico mette sul banco degli imputati il compagno, Sergio Ruocco, che lavora come idraulico per una ditta di Seriate, e all’ora in cui Sharon è stata accoltellata si trovava senza alcun dubbio nella loro casa, distante meno di 700 metri. Di solito la accompagnava, ma la sera dell’aggressione è stanco e va a dormire. Sono i carabinieri a svegliarlo e a sentirlo a lungo, tentando di far luce sulla vicenda.
Ruocco viene sentito altre tre volte dai carabinieri e con loro partecipa a due sopralluoghi nell’abitazione, che nel frattempo è stata posta sotto sequestro. Su di lui non emergono elementi di accusa e quindi non viene indagato. Ma i titoli di molti giornali e telegiornali continuano a suggerire un suo coinvolgimento nell’assassinio della compagna. Con allusioni tipo: «L’omicidio di Sharon, ascoltato per ore il compagno. Attesa per i risultati delle analisi dei RIS».
Si va avanti così fino al colpo di scena. Il 30 agosto i carabinieri fermano Moussa Sangare, 31 anni, nato a Milano da una famiglia originaria del Mali, disoccupato con problemi psichiatrici. Il giovane confessa l’assassinio con queste parole: «Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa». Nella sua abitazione verranno trovate altre prove dell’omicidio e lui stesso indicherà il luogo dove aveva nascosto l’arma del delitto.
Nessun movente, nessun perché. Dopo tante ipotesi fantasiose ecco la banale verità: Sharon Verzeni è stata uccisa per caso. «Si era semplicemente trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato», sottolinea la Procuratrice aggiunta di Bergamo dopo il fermo dell’assassino. Nemmeno una parola, invece, sull’altro delitto, quello mediatico, di cui Sharon è stata vittima da morta.