Le radio private fioriscono, le reti Rai deperiscono. Entrando in un barbiere, in una tintoria o in un supermercato, se c’è una radio accesa in genere è privata e non della Rai. Il direttore generale dell’azienda radio-televisiva pubblica, Mario Orfeo, dovrebbe riflettere e uscire urgentemente dall’inerzia.
Mentre il barbiere taglia i capelli si ascoltano musica e notizie. Tanta musica, giornali radio rapidi, informazioni sul tempo e la viabilità in pillole, due conduttori guidano “il traffico” e danno anche la parola brevemente agli ascoltatori.
Chi dava per morta la radio, considerandola uno strumento vecchio e superato, è stato smentito dai fatti. I privati l’hanno capito e macinano ascolti e profitti, la Rai no. Musica e notizie, su questa semplice formula, le radio private hanno costruito la loro fortuna, collezionando valanghe di ascoltatori, soprattutto giovani, e una pioggia di pubblicità. Per Radio Rai, invece, è una continua emorragia.
Gli ultimi dati a disposizione diffusi da Eurisko Radio Monitor, relativi al 2016, sono un disastro per il servizio pubblico: Rtl 102,5 guida la classifica in solitaria con quasi 7 milioni di ascoltatori al giorno, più esattamente 6.957.000. Seguono quasi appaiate con oltre 4.700.000 ascoltatori altre tre emittenti private: Radio Deejay, Radio 105, Rds. Al quinto posto si piazza Radio Italia con quasi 4.400.000 affezionati. Radio Rai 1 si colloca solo al sesto posto con 4.127.000 ascoltatori, seguita da Radio Rai 2 a quota 2.968.000. Radio Rai 3 è solo in quattordicesima posizione a quota 1.436.000.
La radio italiana, quella dell’editoria privata, al contrario di altri strumenti informativi, gode ottima salute. Gli ascolti sono in continuo aumento: oltre 35,5 milioni di persone sentono ogni giorno il mezzo inventato da Guglielmo Marconi.
Alle radio va il 4,7% dell’intera torta pubblicitaria. Non a caso i grandi gruppi editoriali (forti nella carta stampata, nei giornali online e nelle tv) sono ben piazzati. Il gruppo Repubblica-La Stampa possiede una squadra di radio, così come Mediaset e Il Sole 24 Ore. L’ultimo a fare un altro shopping nel settore è stato Silvio Berlusconi. Radio Mediaset lo scorso agosto ha comprato per 25 milioni di euro Radio Subasio, una delle emittenti più importanti del centro Italia.
Da anni la Rai, che pure ha mantenuto il suo primato televisivo, ha perso quello radiofonico. Cosa farà Mario Orfeo? Per ora è un mistero. Di sicuro c’è un fatto: entro i primi giorni di ottobre ha promesso di disegnare la sua nuova Rai. Tra breve il direttore generale dell’azienda radio-televisiva pubblica illustrerà le nuove strategie industriali, le linee dei programmi e le scelte per l’informazione. A quattro mesi dal suo insediamento sul ponte di comando di viale Mazzini, dopo il brusco addio anticipato di Antonio Campo Dall’Orto, trapela poco sui suoi progetti.
Le poche indicazioni sono venute da una sua intervista a Repubblica alla fine di agosto. Ha annunciato «un nuovo Contratto di servizio» propedeutico a «un piano per l’informazione». L’ex direttore del Tg1, del Tg2, del Mattino e del Messaggero, ha usato un linguaggio piuttosto contorto: «Faremo un altro passo in avanti verso un nuovo assetto della tv pubblica, con un numero diverso di canali e un’identità più marcata per ciascuno di essi». Il giornale proprietà di Carlo De Benedetti ha fatto chiarezza con il titolo: “Così cambierà la Rai, nuovi canali e meno testate, certezza sulle risorse”. Dunque, questo è uno dei punti delicati: caleranno le testate giornalistiche, il perno del piano dell’ex direttore generale Luigi Gubitosi, pesantemente criticato dall’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai.
Ma per la radio, e su come rilanciarla, silenzio. Non c’è alcuna indicazione su come fronteggiare e battere l’agguerrita concorrenza. Radio Rai, una volta un gioiello che penetrava in ogni casa e allevava i migliori giornalisti sportivi e politici, è in coma profondo. Il Giornale Radio Rai, oltre 200 giornalisti e 56 edizioni, ai tempi d’oro articolato su Gr1, Gr2, Gr3, è una imponente nave malandata che rischia di affondare sugli scogli. I programmi radiofonici, tranne qualche eccezione, forse soffrono di malanni anche peggiori. Sembra che nel 2017 siano addirittura peggiorati i già terrificanti dati di ascolto dell’anno scorso. Però nessuno ne parla. Nessuno indica una terapia per guarire la malattia. Orfeo resta in silenzio: batta un colpo, e in fretta.