Il peto non sussiste

Totò

Da qualche parte Steno e altri registi maestri della commedia se la stanno ridendo: la storia è degna di uno di quei film di cui erano impareggiabili autori; Ettore Scola, Ennio Flaiano, Sergio Corbucci, Luciano Salce si sarebbero deliziati nel comporre la sceneggiatura; per non dire di un Totò, un Alberto Sordi, un Vittorio De Sica, un Nino Taranto, un Peppino De Filippo: avrebbero fatto carte false anche solo per una comparsata. E viene in mente Il petomane di Pasquale Festa Campanile con Ugo Tognazzi. Ma qui, altro che Belle Epoque sullo sfondo e Joseph Pujol “Paganini del peto”…

Il luogo è la Rai, dove per ultraventennale esperienza diretta so che può accadere tutto e di più. Pur con tutto il rispetto che i coinvolti meritano, una vera e propria pochade. Una giornalista lamenta di essere vittima di stalking. Accade. È accaduto. Purtroppo, accadrà ancora. Non solo in Rai: sgradevolissima pratica, sacrosanto perseguirla e punirla. In questo caso, tuttavia, il timbro è della magistratura, “il fatto non sussiste”; i presunti autori dello stalking (sei colleghi della denunciante), sono prosciolti per decisione del Giudice per l’Udienza Preliminare.

Ugo Tognazzi

E dov’è la storia, direte voi. Intanto nel fatto che la decisione arriva nel 2024, i fatti risalgono al 2018, sei anni fa. Lunghezza dei tempi a parte, questo caso di presunto stalking ha un carattere, se si può dire, “olfattivo”. La giornalista sostiene che i suoi sei colleghi, in concerto tra loro, hanno operato «sistematiche aggressioni psicologiche operate mediante una serie di comportamenti vessatori e denigratori da parte dei propri superiori sul posto di lavoro, ritenendosi, pertanto, vittima di mobbing a causa dell’ostracismo perpetrato nei suoi confronti». Un anno di indagini, e arriva la richiesta di archiviazione. Ecco il colpo di scena: due anni dopo, nell’ottobre 2021, all’udienza sull’opposizione, il giudice fa sapere che la Procura generale aveva deciso di avocare il procedimento. Secondo quanto sostengono gli avvocati della giornalista il procuratore generale aveva maturato la convinzione che la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero si basava su indagini non sufficienti; per questo l’avocazione e in parallelo si disponevano «accurate indagini, durate moltissimo, attesa la delicatezza della situazione»; espletate le quali se ne ricavava che «gli elementi probatori erano palesemente sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio per tutti gli indagati».

Flatulenze, Sede Rai di Saxa Rubra a Roma

Sede Rai di Saxa Rubra a Roma

Non si osa chiedere in cosa possano essere state in concreto queste “accurate indagini”: interrogatori, o anche appostamenti per cogliere “sul fatto”, mentre si consumava, la presunta azione di stalking. “Accurate” certo, visto che hanno richiesto un impegno di un paio d’anni. Al termine dei quali il sostituto procuratore generale afferma che nei confronti della denunciante si è consumata una «progressiva opera di demansionamento»; in concreto, realizzata attraverso il «trasferimento nella stanza di un collega, persona notoriamente sofferente di insopprimibili anomalie intestinali». Trasferimento certificato da un ordine di servizio col quale si imponeva l’obbligo di lavorare nella stessa stanza con un collega che «soffriva di disturbi della personalità che lo inducevano a comportamenti antisociali in relazione alla cura della persona ed alla pulizia personale, oltre a maleodoranti flatulenze ed eruttazioni, nonché a ripetute violente aggressioni verbali». Al rifiuto opposto si sarebbero verificati «una serie di episodi aggressivi, denigratori e ostracizzanti nei suoi confronti da parte degli indagati».

Si arriva così alla decisione del Giudice per l’Udienza Preliminare: tutti gli indagati prosciolti: i fatti contestati non sussistono.

Gli avvocati della giornalista non sono d’accordo. Sostengono che «per valutare bene tutti i fatti indicati nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura Generale della Corte d’Appello, la sede naturale sarebbe stata quella del Tribunale, dove, in contraddittorio delle parti, poteva formarsi la prova». Il “formarsi della prova”. Si può immaginare la scena: una variante, più volgare, della famosa inchiesta di Totò sulla natura della pernacchia ne I due marescialli. Fuor di celia: la vicenda si è trascinata per sei anni, e chissà se è davvero conclusa. Steno e compagnia ci avrebbero divertito. Ma di che ridere c’è davvero poco.