Abile e ambizioso, Antonio Costa, presidente in pectore del Consiglio europeo si prepara a prendere il posto dell’uscente Charles Michel. Il cambio della guardia al vertice dell’Ue è previsto per l’inizio di dicembre, ma l’ex premier socialista portoghese già si sta muovendo dietro le quinte per acquistare un vero peso politico a Bruxelles. Partita difficile, che come al solito sta giocando come si addice a un navigato professionista della politica. Vediamo di che si tratta.
A partire dal giorno della sua nomina (giugno) ad oggi, Costa ha sempre mantenuto in pubblico un profilo molto basso. Niente interviste, poche le immagini e pochissime parole, fatta eccezione per qualche stringata dichiarazione fatta a luglio, in occasione del suo tour di presentazione nelle capitali Ue. Per mantenere fede alla scelta di restare il più possibile nell’ombra, fino alla presa di possesso del nuovo incarico, non ha commentato nemmeno il premio Houphouët-Boigny assegnatogli il 16 ottobre dall’Unesco.
Ma poi ha lasciato che il capo dello Stato portoghese (Marcelo Rebelo de Sousa) accogliesse la notizia con una nota enfatica, tutta tesa a rimarcare il peso politico del premiato: «È un onore per il Portogallo vedere un connazionale così qualificato essere riconosciuto a questo livello per il suo significativo contributo alla promozione della pace e all’adempimento della Carta delle Nazioni Unite». Parole analoghe sono puntualmente arrivate anche dall’attuale capo del governo di Lisbona, il socialdemocratico Luís Montenegro, secondo cui il premio assegnato all’antico avversario politico è «un riconoscimento per la sua azione a favore del multilateralismo e della cooperazione internazionale… priorità di politica estera assunte con continuità e coerenza…».
A questo punto, l’ambizioso obiettivo di Antonio Costa alla vigilia di insediarsi come nuovo presidente del Consiglio europeo prende corpo. Proporsi da subito come nuovo leader politico al vertice Ue. Se le cose stanno così, cercherà di interpretare il ruolo di Presidente del Consiglio europeo non come quello (tradizionale) di notaio, superburocrate che coordina i lavori dei vertici e media tra i capi dei Paesi Ue. Per assumere invece un ruolo politico di guida, in modo da definire con chiarezza l’orientamento e le priorità di Bruxelles. Sarebbe un fatto epocale per una Ue che appare fragile e oscillante su tutte le grandi questioni. Un gigante dai piedi d’argilla ormai irrilevante sul piano globale, e che nonostante due guerre alle porte di casa si muove sempre a rimorchio degli Usa e della Nato.
Il silenzio dell’ex premier portoghese dal giorno della sua nomina europea fino ad oggi, può essere allora visto come una presa di distanza dal modo in cui fino ad oggi il ruolo di presidente del Consiglio Ue è stato interpretato dai suoi predecessori. A cominciare dall’uscente Charles Michel, che a marzo scorso aveva invitato, mettendolo nero su bianco, l’Unione a «passare alla modalità economica di guerra», esattamente come richiesto dall’allora segretario generale della Nato Stoltenberg.
A questo punto può essere considerato casuale il premio Unesco per la pace assegnato al socialista portoghese Costa, poche settimane prima del cambio della guardia al vertice del Consiglio Ue guidato dal falco liberale belga Charles Michel? E non può essere visto come un caso nemmeno il fatto che l’ultimo premio Unesco per la pace sia stato dato ad Angela Merkel. Ossia all’antica cancelliera tedesca che suscita ancora tanti rimpianti per la capacità politica tante volte mostrata e per la sua leadership in Europa.