125 anni sono una bella età anche anche se l’ex Fiat è a pezzi. Forse Giovanni Agnelli non se l’aspettava quando fondò la Fiat a Torino nel lontano 1899. La Fiat, Fabbrica Italiana Automobili Torino, cresce subito tumultuosamente: segna l’industrializzazione dell’Italia, un paese profondamente agricolo. Diventa il simbolo dell’Italia industriale e innovativa.
Per Giovanni Agnelli non esiste la parola “impossibile”. Incita i collaboratori: «Dobbiamo sempre guardare al futuro. Prevedere il futuro delle nuove invenzioni». Sforna automobili, autocarri, aerei, acciaio, trattori, attrezzature per l’edilizia, mitragliatrici nella Prima guerra mondiale (le Fiat Revelli). Il senatore del Regno d’Italia, in rapporti di buon vicinato con il fascismo, costruisce a Torino il Lingotto e Mirafiori, la più grande fabbrica d’auto d’Europa. Diviene il re dell’auto in Italia.
La produzione cresce enormemente e si diversifica soprattutto dopo la caduta del fascismo e la nascita della Repubblica nel 1946: arrivano anche componentistica auto, robotica industriale, treni, assicurazioni, energia, telecomunicazioni, grandi magazzini, editoria. Gianni Agnelli, subentrato al nonno Giovanni, dice: «Siamo sempre qui», a Torino.
La Fiat assorbe tutti i concorrenti di macchine nazionali: Ferrari, Alfa Romeo, Autobianchi, Lancia, Innocenti. Mantiene le fabbriche a Torino con al centro Mirafiori e Lingotto e costruisce altri impianti nell’Italia centro-meridionale. Si espande anche all’estero con stabilimenti in Russia, Polonia, Spagna, Brasile, Argentina. È l’era di Gianni Agnelli timoniere dell’impero Fiat sul quale non tramonta mai il sole. L’Avvocato, amico di John Kennedy, è il presidente e primo azionista. Si succedono tre principali amministratori delegati: Valletta e Ghidella uomini di prodotto (sono gli anni dei grandi successi della casa automobilistica torinese) e Romiti uomo di finanza abituato a trattare col pugno duro i sindacati (sono gli anni bui).
Il gruppo supera molte crisi ma quella all’inizio degli anni Novanta è particolarmente forte. L’Avvocato vende le assicurazioni, l’energia, le telecomunicazioni, i grandi magazzini per fare cassa. Ancora più micidiale è la crisi dei primi anni 2000. L’azienda è sull’orlo del fallimento. C’è chi spinge per mollare l’auto ma Gianni e il fratello Umberto Agnelli decidono di rilanciarla: danno l’incarico a Sergio Marchionne.
Gianni Agnelli segue l’esempio del nonno: prima di morire, designa come suo erede il nipote John Elkann. Il nuovo amministratore delegato Marchionne mette a segno una serie di colpi magistrali, finanziari e industriali. In particolare acquisisce l’americana Chrysler in bancarotta, la risana e la rilancia. Dà vita al nuovo gruppo Fiat Chrysler Automobiles, un peso massimo ma l’ex Fiat perde di peso. Per l’Italia pensa a un “polo del lusso” per garantire l’occupazione puntando su Maserati, Alfa Romeo e Jeep. Quando sta raccogliendo i frutti del suo lavoro muore per una grave malattia.
E siamo all’ultimo capitolo della saga Fiat, quello più drammatico. Nel gennaio 2021 nasce Stellantis dalla “fusione paritaria” tra Fiat Chrysler Automobiles e la francese Peugeot Citroen. Nessun stabilimento verrà chiuso, assicurano il presidente John Elkann e l’amministratore delegato Carlos Tavares.
Ma non sarà così. Arriva la gravissima crisi causata dal motore elettrico. Tavares chiede incentivi pubblici al governo Meloni, li ottiene ma va sempre peggio. In Italia chiude Grugliasco, uno stabilimento che da quasi 50.000 Maserati l’anno crolla a 8.000. Tutti gli impianti Stellantis, specie negli Stati Uniti, non godono buona salute, ma quelli italiani ex Fiat vanno in panne, finiscono quasi in uno stato di coma. Mirafiori a fine anno potrebbe produrre appena 30.000 autovetture per il 2024, rispetto alle oltre 200.000 dei tempi d’oro della ex Fiat.
Tavares dopo scioperi e proteste anticipa, si fa per dire, la produzione della 500 ibrida a Mirafiori per la fine del 2025 invece che nel 2026. In tutte le fabbriche della Penisola imperversa la cassa integrazione o il fermo della produzione. Secondo un rapporto della Fim Cisl quest’anno le macchine prodotte in Italia da Stellantis potrebbero precipitare a 300.000 contro le 500.000 dello scorso anno mentre la capacità produttiva è di 1.500.000. Molti danno la colpa agli investimenti dirottati soprattutto sugli stabilimenti francesi.
I sindacati temono per l’occupazione. Chiedono investimenti e nuovi modelli per far marciare gli impianti, con questi obiettivi tutti i metalmeccanici del settore dell’automobile hanno scioperato lo scorso 18 ottobre. Carlos Tavares dà risposte evasive ai sindacati e al governo Meloni. Elkann declina l’invito a rispondere in Parlamento e si becca una valanga di critiche. Si rifugia dietro: ha già risposto Tavares. Gianni Agnelli garantiva: «Noi fabbrichiamo automobili, le fabbrichiamo in Italia e rappresentiamo Torino». Così è stato: l’espansione produttiva all’estero non ha compromesso quella in Italia e a Torino. John Elkann assicura: negli anni di Stellantis «non c’è stato alcun disimpegno in Italia». Tesi ardita. Grugliasco è chiusa, la gigafactory di Termoli per produrre batterie elettriche per auto è rinviata a data da destinarsi, in tutti gli stabilimenti tricolori è in picchiata l’occupazione e la produzione.
Nonno e nipote, però, hanno un punto in comune: le fiduciarie e i conti esteri nei “paradisi fiscali”. Li aveva l’Avvocato e li possiede John Elkann assieme ai fratelli Lapo e Ginevra, come emerge dalla disputa giudiziaria intentata da Margherita Agnelli per l’eredità dei genitori contro i figli del primo matrimonio.