L’avvio dell’autunno non promette niente di buono per l’Unione europea. Un vento freddo arriva dalle elezioni tedesche. Quando la Germania ha un raffreddore, i paesi deboli dell’Europa, in testa l’Italia, rischiano di prendersi una bronchite e perfino una polmonite. E ora la Repubblica federale tedesca si è presa un brutto raffreddore nelle elezioni politiche di domenica 24 settembre.
I cristiano democratici-cristiano sociali di Angela Merkel hanno vinto a caro prezzo: hanno ottenuto il 32,9% dei voti, perdendo oltre l’8% rispetto alle elezioni del 2013. Per i socialdemocratici della Spd è stato un disastro: appena il 20,5%, meno 4% rispetto a quattro anni fa, il peggiore risultato di sempre. Martin Schulz ha preso atto della sonora sconfitta ed ha annunciato il passaggio all’opposizione dei socialdemocratici. Non è andata meglio alla sinistra radicale che era all’opposizione: Die Linke ha raccolto appena il 9,1% dei consensi.
Una parte degli elettori tedeschi ha bocciato il governo di grande coalizione tra la Cdu-Csu della Merkel e la Spd di Schulz. È stata premiata la Afd, Alternative fur Deutschland, un partito di estrema destra populista anti islamico, anti euro e favorevole al ritorno del marco. Per la prima volta nella storia nella Repubblica federale tedesca entra nel Bundestag (la Camera dei deputati di Berlino) con il 12,6% dei voti, una forza con elementi razzisti e neo nazisti. La paura dell’immigrazione islamica e della riconversione produttiva tedesca ha fatto presa sull’elettorato più conservatore di Angela Merkel, ed ora i democristiani per la prima volta nella loro storia, devono fare i conti con un forte partito alla loro destra.
Il governo di grande coalizione tra democristiani e socialdemocratici, che pure ha garantito alla Germania un lungo periodo di pace e di benessere, è andato definitivamente in tilt. Centristi democristiani e sinistra socialdemocratica devono interrogarsi sui motivi del peggiore risultato elettorale dello loro storia post Seconda guerra mondiale. La Merkel cercherà di recuperare dal governo, Schulz dall’opposizione.
Dopo le elezioni tedesche Angela Merkel aggiusterà la rotta. La cancelliera ha già fatto capire quale sarà la strategia del suo quarto mandato di cancelliera. Ha annunciato l’intenzione di affrontare “le paure” e “le preoccupazioni” degli elettori che le hanno voltato le spalle votando per l’estrema destra: «Vogliamo riguadagnarci gli elettori che hanno votato Afd». Probabilmente darà vita a un esecutivo di coalizione con l’Fdp (i liberali hanno incassato il 10,8% dei voti) e con i Grunen (i Verdi hanno avuto l’8,9%).
Le elezioni tedesche pesano. A Berlino si profila un esecutivo della Merkel più debole dei precedenti tre per due motivi: 1) la ristretta maggioranza parlamentare; 2) la diversità dei programmi dei tre possibili alleati. Il governo cosiddetto “giamaica” (dai colori dei democristiani, liberali e verdi) dovrà affrontare notevoli difficoltà per far andare d’accordo i tre partiti con scelte, impostazioni e valori differenti.
I contraccolpi, in particolare, arriveranno sulla Ue e sui paesi europei più deboli che già in passato hanno contestato la politica teutonica di rigore finanziario. Si prevedono scintille, in particolare, tra il futuro governo tedesco e Mario Draghi. Il presidente della Bce (Banca centrale europea) già negli ultimi sette anni ha faticato non poco per salvare l’euro dal naufragio. La politica delle misure “non convenzionali” adottata da Draghi, con tassi d’interesse europei zero e con l’acquisto di titoli del debito pubblico dei diversi paesi, ha permesso di sconfiggere la Grande crisi economica internazionale e di far partire la ripresa, ma è stata pesantemente criticata dalla destra politica e finanziaria tedesca.
Il presidente della Bce è stato accusato da vari esponenti conservatori tedeschi di favorire i paesi più deboli della Ue, quelli con un maggiore debito pubblico come l’Italia, e di danneggiare la Germania. Tuttavia Draghi è andato avanti con la sua politica finanziaria espansiva grazie all’aiuto discreto ma decisivo della Merkel. A fine anno terminerà il programma, ora già ridotto, di acquisti di titoli e potrebbero cominciare seri problemi per nazioni come l’Italia. Se le banche e i grandi gruppi finanziari internazionali cominciassero a vendere in massa Bot e titoli poliennali del Tesoro (lo abbiano visto già nel 2010-2012) potrebbe essere l’inizio del crack per l’Italia, senza un intervento anti speculativo della Bce. Potrebbero aumentare a dismisura i tassi d’interesse pagati dal Tesoro con conseguenze imprevedibili sulla stabilità finanziaria del Belpaese. Angela Merkel, indebolita dal voto di domenica scorsa, avrebbe meno forza per sostenere la politica espansiva di Draghi che pure tanto bene ha fatto anche all’economia tedesca.
A quel punto l’Italia rischierebbe una polmonite politica, oltre che economica. Le elezioni tedesche danno spazio al populismo di destra. I partiti attratti da tempo dal progetto di uscire dall’euro, come il M5S e la Lega Nord, acquisterebbero nuovo slancio. I cinquestelle e i leghisti, che negli ultimi mesi hanno messo la sordina alla battaglia anti moneta unica europea, potrebbero rialzare la bandiera di uscita dall’euro già nelle elezioni politiche all’inizio del 2018.