«Ja detto male». Così con questa espressione tipicamente romana, qualcuno ha commentato l’ultima vicissitudine di Virginia Raggi, quella che va sotto il nome di approvazione tormentata del bilancio consolidato del Campidoglio.
Già, sembra proprio che gli ha detto male perché questo è il primo anno in cui questo strumento contabile è entrato a regime nella storia dei comuni a seguito della riforma della contabilità locale. Che vuol dire bilancio consolidato? Che d’ora in poi non si può fare come in passato che si metteva, come si suol dire, la polvere sotto il tappeto.
Nel caso specifico, si presentava il bilancio del solo comune e amen. Tutto il resto a cominciare dalle partecipate – e che partecipate: Atac, Ama, Ater – potevano andare per conto loro. Ora, invece, deve essere messo tutto, ma soprattutto non possono esserci differenze tra il dare e l’avere. Insomma tra le entrate e le uscite.
No, tutto deve essere in equilibrio. Peccato che nel caso del Comune di Roma, nemmeno ad essere il migliore mago della finanza ci si riesce. E così alla fine della giostra è risultato che il bilancio del Campidoglio presenta un disallineamento di oltre 200 milioni di euro. Questo non è possibile. Da qui il parere negativo dell’Oref che si è limitato ad aggiungere: fate in modo di trovare da qualche altra parte questi 200 milioni. Nulla di politico, dunque, o detto in altro modo: nessun tentativo di mettere in difficoltà la giunta Raggi. Accanto a questo c’è il problema tutto da risolvere – grosso come una casa – dell’Atac.
Perché è vero che è passato il concordato preventivo, ma è altrettanto vero che aver scelto questa strada ha significato per il Campidoglio farsi carico di almeno 420 milioni di debiti. L’Atac si sarà anche alleggerita ma si è appesantito e di molto il bilancio del Comune. Peraltro in un modo che la dice tutta sulla sostenibilità finanziaria del Campidoglio.
Difatti Atac potrà cominciare a pagare il debito dal 2019 in 240 comode rate che termineranno nel 2038 e, dulcis in fundo, senza pagare alcun interesse. In questo modo il Comune è rientrato nella schiera del cosiddetto creditore chirografaro che, codice civile e fallimentare alla mano, vuol dire che in caso di bancarotta verrà pagato per ultimo. Come dicono a Roma: a babbo morto.
Dunque sono già molti i milioni che ballano ma, stando ad alcune cifre attendibili, i debiti che potrebbero emergere arriverebbero sino al miliardo che per un comune che ha un bilancio di 6 miliardi vuol dire andare dritto dritto verso il commissariamento. Anche perché oramai ogni qual volta ci si alza in Parlamento per dire: servono nuovi soldi per Roma altrimenti c’è il default, scatta la sommossa generale. E poi se la vogliamo dire tutta e alla romana: «Nun poi dì no alle Olimpiadi e poi annà a chiede i sordi a chi jai detto: ladro e servo der sistema».