Il lavoro degli assistenti sociali a Roma sta diventando sempre più difficile, è a rischio perfino l’incolumità fisica. Sono sotto tiro per molteplici motivi. Quasi il 90% ha subito minacce, intimidazioni, aggressioni verbali e fisiche. Il tema delle minacce e delle aggressioni subite dagli assistenti sociali romani, le situazioni di rischio e le criticità che vengono riscontrate, e le possibili misure per evitare questi fenomeni, sono state al centro l’altro giorno di un incontro tra i tecnici dell’assessorato alle Politiche sociali di Roma Capitale, guidati dal direttore generale Angelo Marano, e una delegazione del Consiglio dell’Ordine del Lazio degli Assistenti sociali, guidata dalla presidente, Patrizia Favali.
«Nel Lazio si riscontra una situazione – desunta dalle risposte ad una serie di questionari, predisposti da ricercatori di tre Università della penisola, da parte di oltre mille colleghi e colleghe – pressoché analoga a quella nazionale», spiega Patrizia Favali in un comunicato stampa.
«Solo poco più di un assistente sociale su dieci (11,8%) – dice – nel corso della propria esperienza professionale non ha mai ricevuto minacce, intimidazioni o aggressioni verbali e ben tre professionisti su venti (il 15,4%) hanno subìto una qualche forma di aggressione fisica. Un assistente sociale su dieci (l’11,2%) ha subìto danni, a beni o proprietà, addebitabili all’esercizio della professione; oltre tre su dieci (il 35,8%) ha temuto per la propria incolumità o per quella di un familiare a causa del lavoro».
In un documento – frutto anche del coinvolgimento di oltre 300 assistenti sociali del Lazio e presentato nel corso dell’incontro – viene sottolineata la necessità di un «esame generale della situazione logistica dei Servizi sociali: ubicazione, collegamento con gli altri uffici municipali, presenza della sorveglianza, illuminazione, servizio di portineria, telesorveglianza, ingressi vigilati, sistemazione delle stanze e degli arredi».
«La figura dell’assistente sociale – dice ancora Favali – è quella più esposta e generalmente è costretta a denunciare gli atti aggressivi individualmente e senza che Roma Capitale accompagni o sostenga la denuncia».
Al termine dell’incontro, Favali ha sottolineato che «è stato compiuto un primo passo sulla strada che deve condurre ad affrontare e a risolvere concretamente un problema così importante come quello delle minacce e delle aggressioni agli assistenti sociali».
«Mi pare importante sottolineare – ha concluso – come siano state congiuntamente adottate una serie di decisioni: dall’avvio di una specifica formazione dei professionisti su questi particolari temi, alla predisposizione di uno specifico protocollo d’intesa tra Roma Capitale e Ordine, anche sulla scorta delle esperienze maturate in alcune città come Genova e Bologna; dalla redazione di specifiche procedure operative standardizzate per la gestione di queste particolari situazioni, fino ad interventi volti a migliorare il rapporto con l’Autorità Giudiziaria».