Pensioni nel mirino. Pensionati e aspiranti pensionati italiani rischiano altre “stangate”. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) sollecita nuovi tagli pesanti e la Commissione Europea si preparerebbe a fare altrettanto. In sintesi: la drammatica legge Fornero varata nel 2012 dal governo tecnico di Mario Monti non basterebbe a salvaguardare i conti pubblici.
Secondo uno studio del Fmi dal titolo Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform (Italia verso una riforma fiscale amichevole), la spesa previdenziale italiana resterebbe ancora elevata, troppo elevata: 253 miliardi e 700 milioni di euro l’anno rispetto ai 181 miliardi e 300 milioni versati di contributi. La spesa ammonterebbe al 16% del Pil (Prodotto interno lordo) del Belpaese, l’importo più alto in Europa dopo la Grecia.
Pensioni nel mirino. Il Fmi ha avanzato un piano, anche se non ufficialmente, su come tagliare i costi e risparmiare con una cosiddetta “riforma amichevole”. I punti indicati sono soprattutto quattro: 1) eliminazione della quattordicesima (ricevuta da ben pochi pensionati) e diminuzione della tredicesima (incassata da tutti) che potrebbero essere sostituite da interventi contro la povertà; 2) riduzione dei beneficiari delle pensioni di reversibilità; 3) aumento dei contributi previdenziali dei lavoratori autonomi almeno dal 24% al 27% (i dipendenti versano il 33% dello stipendio); 4) revisione delle pensioni calcolate con il sistema retributivo in alternativa alla riduzione delle tredicesime.
Pensioni nel mirino. La “riforma amichevole” indicata dal Fmi decisamente esagera, sballa, getta benzina sul fuoco su una già forte e giusta protesta sociale. È anche un intervento a “gamba tesa” sul futuro governo ancora da formare dopo le elezioni politiche del 4 marzo. Il Fmi va controcorrente: il M5S e la Lega, i vincitori delle elezioni del 4 marzo e in rotta verso Palazzo Chigi, non solo rifiutano altre “strette”, ma vogliono cancellare la legge Fornero. Da tempo si parla di un ammorbidimento della riforma della ministra Elsa Fornero che ha pesantemente innalzato l’età per andare in pensione (adesso si è arrivati alla soglia di 67 anni calcolando la crescita delle aspettative di vita). Anche il governo di Paolo Gentiloni aveva deciso d’intervenire e a fine 2017 ha proposto una serie di modifiche sulle quali i sindacati si sono divisi. Poi l’esecutivo ha cambiato in parte la riforma con l’introduzione di un pensionamento anticipato: l’Ape sociale e l’Ape volontaria.
Lo studio del Fmi è sbagliato sul piano economico e politico. Cesare Damiano, Pd, ex presidente della commissione Lavoro della Camera, ha bocciato l’intero impianto: «L’analisi del Fmi sull’incidenza della spesa sul Pil è un falso ideologico». In realtà la spesa previdenziale italiana rappresenta il 12% del Pil e non il 16% ed è in linea con la media europea.
Damiano ha smontato pezzo per pezzo le considerazioni e le richieste degli economisti dell’organizzazione monetaria internazionale con sede a Washington: «Ci vorrebbe un po’ di onestà intellettuale e ricordare che in Italia la previdenza e l’assistenza si sommano e, quindi, il mancato scorporo di quest’ultima dal calcolo dei costi dà un risultato sovrastimato. Ma non basta: si dimentica che la tassazione sulle pensioni è tra le più alte d’Europa e vale ogni anno 43 miliardi di euro che vengono restituiti allo Stato».
Così la spesa pensionistica italiana depurata dagli importi dell’assistenza sociale e della tassazione «incide solo per il 12% del Pil, perfettamente allineata con gli altri Paesi europei». Damiano vede un intento politico dietro l’iniziativa: sparare una spesa salita al 16% del Pil «non è nient’altro che il tentativo di aprire la strada a un ulteriore taglio della previdenza da parte di una istituzione non sempre neutrale, come l’Fmi, che ha una chiara impostazione liberista».
Pensioni nel mirino. Il no di Damiano alle ipotesi del Fmi è netto: «È ora di finirla di farsi dettare le politiche sociali da istituzioni che non ci rappresentano, per poi stupirci se in Europa vincono i populisti e i demagoghi, che si ergono a nuovi difensori dello Stato sociale con ricette estremiste e irrealizzabili».
Già, sembra proprio finita l’epoca della sbornia liberista. Un conto è affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione con l’aumento dei pensionati, un altro è operare un massacro sociale sugli anziani, una delle parti più deboli del Paese, quando i conti della previdenza sono a posto. La riforma Fornero già ha colpito pesantemente i lavoratori e i pensionati, dando vita a un sistema previdenziale tra i più rigorosi in Europa.