Sembrano passati dieci anni da quando Virginia Raggi conquistò trionfalmente la capitale, prima tappa di una marcia che poi avrebbe portato i Cinquestelle a Palazzo Chigi.
Invece sono trascorsi appena 24 mesi, e il 19 giugno, il compleanno è passato nel silenzio del Campidoglio. Un contrasto che stride con le parole della sindaca nei giorni del suo trionfo. Quando, dopo il risultato del primo turno (5 giugno 2016), parlò di “momento storico”. E quando, (19 giugno 2016) stravinto il ballottaggio con una maggioranza bulgara che sfiorava il 70 per cento, disse trionfante: «Oggi hanno vinto i romani».
Due anni dopo (il 10 giugno) quegli stessi elettori, chiamati al voto in due municipi della capitale, le hanno voltato le spalle e hanno azzerato i Cinquestelle che hanno raccolto rispettivamente il 13 e il 20 per cento dei voti. E la cosa peggiore è questa: il 70 per cento degli elettori romani ha disertato le urne. I 770.564 voti con cui Virginia Raggi salì al Campidoglio sono un pallido ricordo.
Le ragioni di questo crollo di fiducia nella giunta penta stellata sono noti. Sfogliaroma ne ha parlato più volte segnalando fin dall’inizio l’incapacità dell’amministrazione Raggi ad affrontare i problemi della capitale. Una città che usciva da otto mesi di commissariamento per mafie dalle traumatiche dimissioni di Ignazio Marino. Con il Pd in ginocchio e il centrodestra dell’ex sindaco Alemanno azzerato da Parentopoli.
E adesso? Ci sono due foto pubblicate pochi giorni fa da un quotidiano romano che raccontano meglio di qualsiasi analisi le condizioni in cui oggi versa Roma. Sono due foto simbolo scattate a piazzale dei Partigiani. La prima è del 5 ottobre 2016 e mostra “un’aiuola incolta con erba alta e palma sofferente”. La seconda è stata scattata il 19 giugno, giorno del secondo compleanno della giunta Raggi, e mostra “la stessa aiuola in situazione peggiorata. All’erba alta si sono aggiunti mucchi di rifiuti”.
La situazione è questa. Con l’Atac fallita, le buche mai riparate e 78 milioni di euro ancora in cassa sugli 85 stanziati dal Campidoglio a marzo dell’anno scorso, le strade strapiene di rifiuti, la girandola senza fine di assessori e manager. E, adesso, anche lo scandalo dello stadio della Roma. Con un privato cittadino, l’avvocato Luca Lanzalone, poi arrestato, che trattava con Parnasi a nome del Campidoglio.
La Raggi si è subito difesa dicendo che glielo avevano mandato i vertici nazionali di Cinquestelle per risolvere il problema di Tor di Valle. Ma poi è stata costretta a fare marcia indietro. Già, perché Grillo, Casaleggio e Di Maio adesso l’hanno lasciata sola. Fino alle elezioni del 4 marzo hanno cercato di coprirla affiancandole vari tutor. E Lanzalone, poi “premiato” da Di Maio con la presidenza dell’Acea, era l’ultimo della serie, con funzioni da vero e proprio sindaco ombra. Ma ora che sono al governo con Salvini e guai annessi, la sindaca di Roma non può diventare una zavorra. Quindi la realpolitik elettorale del M5S vuole che vada avanti senza coperture dall’alto.
Da ora in poi la sindaca di Roma sarà costretta a navigare da sola tra gli scogli cercando di non affondare. Ma sembra la prima a non crederci troppo. Perché, come ha confessato a dicembre scorso, in un raro momento di abbandono, per lei «già arrivare alla fine di questo mandato sarà un grandissimo successo».