Non era mai successo: il M5S perde la piazza. A Roma, a Torino e nel Salento, per motivi diversi, la protesta di piazza si è diretta per la prima volta contro il Movimento 5 stelle e non contro “i partiti”, “l’establishment”, “il sistema”. Per Di Maio, Grillo e Davide Casaleggio è uno shock.
Il M5S perde la piazza a Roma. Migliaia di persone hanno manifestato contro Virginia Raggi in piazza del Campidoglio. Uno dei cartelli più garbati ma perentori contro la sindaca della capitale è stato: “Raggi dimettiti”. Tantissime le critiche alla Raggi: strade impraticabili per le buche, autobus in perenne ritardo e che vanno a fuoco, code perenni in auto, vie sporche e cassonetti stracolmi di rifiuti, anche un mese di attesa per avere una carta d’identità dagli uffici comunali, negozi chiusi per la crisi, illegalità e criminalità sempre più diffuse. Il carico da undici sono i guai giudiziari che hanno sconvolto la giunta grillina e hanno colpito la stessa prima cittadina.
La sindaca, eletta trionfalmente nel 2016 sullo slogan “Il vento è cambiato!”, adesso deve fare i conti con la protesta contro il forte degrado della città eterna. Lei non molla e attacca i “vecchi partiti” in una intervista al Messaggero: «Il Pd, mascherato e orfano di Mafia capitale, ha provato a strumentalizzare i cittadini, camuffando una manifestazione di partito in una sollevazione». Ma la protesta era dei cittadini, anche di molti elettori grillini delusi. Il vero avversario dal quale deve guardarsi la sindaca è la Lega, compagna del M5S nel governo nazionale. Matteo Salvini, con caute critiche, prende le distanze e si prepara ad espugnare il Campidoglio alla prima occasione con un candidato sindaco leghista.
Il M5S perde la piazza a Torino. Chiara Appendino, sindaca cinquestelle del capoluogo piemontese, non sta molto meglio. L’antica capitale d’Italia e delle automobili Fiat è in rivolta. Il tema dello scontro è la Tav e l’impoverimento della città. La linea ferroviaria dell’alta velocità Torino-Lione da sempre è attaccata dai militanti grillini e la giunta cinquestelle alla fine ha deciso la sospensione della costruzione dell’opera in attesa di uno studio costi-benefici del governo nazionale. La sindaca, anch’essa eletta trionfalmente due anni fa battendo un pezzo da novanta del Pd come Piero Fassino (già sindaco, segretario dei Ds, ministro nei governi di centro-sinistra), non è stata presente quando è stato congelato il progetto perché in missione a Dubai in cerca di investimenti arabi nella città. L’assenza ha scontentato tutti, pentastellati ed oppositori. Davanti alla sede del comune di Torino i sostenitori “Sì Tav” sono scesi in piazza contrapponendosi ai “No Tav”. Gli imprenditori, i sindacati e tutte le associazioni torinesi hanno contestato alla sindaca il progressivo isolamento e declassamento della metropoli: una delle ultime sconfitte è stata la perdita dell’organizzazione delle Olimpiadi invernali.
Le grandi opere pubbliche sono uno dei talloni di Achille dei cinquestelle: scatta un secco “no” immediato ed identitario per paura della corruzione e per salvaguardare l’ambiente. È anche il caso della Tap, il metanodotto che, attraversando il mare Adriatico, ha per meta la Puglia. Alla fine Luigi Di Maio ha dato il via libera dell’esecutivo penta-leghista alla costruzione per non pagare delle salate penali, ma è scoppiato il finimondo. Il M5S perde la piazza nel Salento. Alcuni sindaci e dei gruppi di militanti grillini della provincia di Lecce sono scesi in piazza: hanno protestato contro la decisione del loro governo, del loro vice presidente del Consiglio e capo politico, bruciando anche delle bandiere cinquestelle.
Sono lontani i tempi di quando Beppe Grillo predicava a colpi di “Vaffa” la rivoluzione contro “i partiti”, contro “le élite” italiane ed europee, contro le banche e le multinazionali monopolizzando la rete internet e le piazze. Il comico populista con piglio carismatico dominava la piazza: era in piena sintonia con il suo popolo. L’agognata conquista di Palazzo Chigi e di tante giunte comunali, anche di metropoli importanti come Roma e Torino, ha rotto l’incantesimo. Il fondatore dei cinquestelle non deve averla presa bene: è sempre più silenzioso e distaccato dalla sua creatura politica.
Il populismo ha funzionato trionfalmente quando il M5S era all’opposizione antagonista, ma quando Di Maio e i sindaci hanno dovuto fare i conti con l’impegno del governo il meccanismo è andato in tilt. Quando i grillini “anti sistema” sono entrati “nel sistema” qualcosa si è spezzato nel rapporto con il loro popolo. Si è riprodotto lo scollamento tra il vertice e la base della società sul quale Grillo aveva scatenato la rivoluzione populista della “decrescita felice”. Adesso la scommessa è di far marciare insieme progresso e rispetto per l’ambiente, sviluppo ed uguaglianza sociale, concorrenzialità e lavoro non precario. Non sarà facile.